Attirava le sue vittime con il fascino del proibito: cassette pornografiche e carte da collezione introvabili. M.C., 29 anni, reggiano, arrestato nell’
ambito della operazione ‘Atlantis’ che ha sgominato una rete di pedofili in internet, è accusato non solo di aver scambiato materiale pedo-pornografico attraverso la rete, ma di averlo anche prodotto, filmando i numerosi incontri avuti con almeno
quattro ragazzini della città.


L’ uomo, per la polizia postale che ha condotto le indagini,approfittava del suo lavoro (è dipendente di una attività commerciale della città collegata al videonoleggio) per contattare giovanissimi che poi attirava a se con la promessa di far vedere cassette porno o di procurare carte da collezione,
molto ambite dai ragazzini. Gli accertamenti della polizia hanno permesso di ricostruire oltre un anno di abusi, commessi su almeno quattro adolescenti di 12 e 13 anni. I ragazzi, tutti di famiglie agiate e benestanti, non hanno mai dato segno di disagio e sofferenza, e le famiglie non avevano percepito quanto stesse loro accadendo. Solo la madre di uno di loro ha raccontato agli inquirenti, che le hanno dovuto comunicare la drammatica notizia, che negli ultimi tempi si era insospettita per il crescente numero di telefonate ricevute a tarda sera dal figlio. Il meccanismo di adescamento era semplice. Dopo il primo ‘abboccamento’ avveniva l’ incontro, spesso in circoli ricreativi della città. Lì i ragazzini venivano convinti ad avere incontri, anche di gruppo, di natura sessuale, anche a
casa di M.C., che vive con i genitori. Il pedofilo si garantiva il silenzio delle sue vittime elargendo loro piccole somme di denaro o anche minacciando di divulgare quanto ripreso e fotografato. M.C. è stato individuato dagli investigatori grazie all’ abitudine di scambiare con altri pedofili il materiale che filmava e al ‘vizio’ di vantarsi, ‘chattando’ con i complici, dei suoi successi. Quando due giorni fa gli agenti della postale sono andati ad arrestarlo a casa, su ordinanza di custodia cautelare del pm reggiano Lucia Russo, il giovane ha reagito in maniera
inaspettata. ”Sapevo che sareste arrivati a me -ha detto ai poliziotti che lo hanno portato nel carcere reggiano -me lo aspettavo. E’ una liberazione, l’ unico modo per liberarmi da un incubo”. In manette, ma agli arresti domiciliari, in Emilia
sono finite altre due persone, accusate però solo di aver scambiato materiale pedo-pornografico in rete: P.M., 35 anni, residente nella provincia di Reggio, e A.M., 29 anni, della provincia di Modena. Quest’ ultimo, arrestato nella casa della fidanzata che fa l’ infermiera, è di origine umbra e trascorrerà gli arresti domiciliari nella sua residenza di Assisi. Entrambe le persone agli arresti domiciliari hanno avuto le linee telefoniche (fisse e mobili) interdette. Nell’ indagine c’ è anche un quarto indagato, un ventottenne
metalmeccanico di Imola, che non è stato sottoposto a misure restrittive. Ingente il materiale sequestrato: oltre alle quattro unità centrali recuperate nelle case degli indagati, la polizia ha requisito videocassette, cd-rom, floppy disk ed
estensioni delle memorie. Tutto materiale che sarà attentamente visionato nei prossimi giorni, nel tentativo di individuare altre vittime, oltre a quelle già accertate nei mesi scorsi. ”E’ una realtà inaspettata, un brutto risveglio – ha detto Antonio Abruzzese, dirigente del compartimento della polizia postale e delle telecomunicazioni dell’ Emilia Romagna – Questa regione, con tre arresti, è pesantemente coinvolta. Il caso di Reggio Emilia è paradigmatico di come dalla realtà virtuale,
già gravissimo, i pedofili possono passare ai fatti. Inoltre sconvolge che nessuna delle famiglia, tutte con nuclei consolidati e figli seguiti, si sia accorta di nulla, nonostante gli incontri avessero anche frequenza bisettimanale. Questo ci pone tanti interrogativi e dubbi”.