Il 70% degli italiani ritiene che nel nostro paese stia “aumentando l’economia sommersa e l’evasione fiscale”. E’ questo il dato sintetico di una ricerca condotta in giugno dal Censis su un campione rappresentativo di 2000 italiani.

La Commissione europea ha recentemente confermato, per l’Italia, le valutazioni ufficiali di un 17% del Pil che sfugge alla tassazione, determinando un vuoto teorico nelle entrate fiscali superiore agli 85 miliardi di euro annui. Il recupero ‘minimo’ solo del 5% di tali risorse porterebbe nelle casse dello stato 4,3 miliardi.
Vi è poi una quota delle attività economiche in nero, non osservate nè contabilizzate nel Pil, valutate dal Censis pari a un ulteriore 4%, che, ove fossero recuperate consentirebbero di utilizzare ulteriori 1,6 miliardi, senza valicare il virtuoso rapporto deficit/PIL richiesto dall’Europa. Si tratta complessivamente di 5,9 miliardi.

L’opinione pubblica, segnalando una percezione di incremento dell’economia in nero, evidenzia un dato dell’attuale congiuntura. L’economia ha difficoltà a ripartire e, per questo, si ritorna al secondo lavoro o a lavori parzialmente irregolari. Molte attività anche ‘ricche’ vengono realizzate quasi totalmente per contanti: dai servizi turistici alle manutenzioni informatiche, dalle ristrutturazioni edilizie ai servizi professionali.

Concorda con una tale percezione chi è dentro alle dinamiche del mercato del lavoro (occupati e disoccupati) e chi ne è ormai fuori (pensionati). Fra gli occupati, infatti, è il 71% ad esserne convinto, e fra i disoccupati il dato sale al 75%, mentre fra i pensionati la percentuale è pari al 66,5%.
E’ interessante inoltre notare quali categorie professionali hanno maggiormente questa convinzione: il 71% fra gli imprenditori e i liberi professionisti, il 65,6% fra i commercianti e gli artigiani, il 71,4% fra i dipendenti dell’amministrazione pubblica e il 74,8% fra i dipendenti delle aziende private.