Nell’ultimo anno i prezzi delle abitazioni sono lievitati del 10,8% (media in 13 grandi aree
urbane). Dai dati Nomisma, l’incremento nominale complessivo dal 2000 al 2004 è stato del 45%, mentre l’incremento in moneta a parità di potere di acquisto è stato del 31,6%. Per il 2005 si prevede ancora una consistente crescita dei prezzi, anche se più attenuata rispetto agli anni precedenti (5%).


Meno case in affitto e più care
L’incremento dei prezzi degli immobili, la liberalizzazione dei canoni (legge 431 del 98), la mancanza di offerta di edilizia residenziale pubblica, sono i fattori che hanno provocato una paurosa lievitazione dei livelli di affitto. Un mercato ‘dimagrito’ attualmente circoscritto, per la prima casa al 20% delle famiglie. Molti hanno infatti preferito accollarsi un pesante mutuo per acquistare pur di non pagare a vuoto canoni tanto esosi. Oggi in Italia la maggior parte delle famiglie che ancora vivono in affitto si colloca in fasce di reddito medio basso. Il 60% ha un reddito netto inferiore ai 18.000 euro annui. Dalla ricerca dell’Osservatorio Ares emerge che in tre città (Venezia, Milano e Roma) gli affitti annuali superano i 18.000 euro di reddito netto, mentre in tutte le altre i canoni superano quasi sempre
il 40/50% dello stesso reddito, soglia massima di incidenza. Si può dedurre quindi che non solo le famiglie sotto i 18.000 euro di reddito (il 60% delle famiglie in affitto), ma anche una consistente percentuale di famiglie con reddito netto superiore
(fino a 20.000 euro e oltre) possa rimanere esclusa dal mercato dell’affitto o essere comunque respinta verso le estreme periferie delle città. Soltanto a Roma le famiglie cui viene di fatto sottratto il diritto alla casa sono circa 400.000 famiglie.

700.000 famiglie sotto rinnovo
Nel 2005 verranno a scadenza circa 700.000 contratti di locazione stipulati tra il 2000 e il 2001. Di questi, almeno il 40% riguarderà contratti cosiddetti ‘agevolati’, le cui condizioni di canone sono in genere più favorevoli agli inquilini di circa il 20% rispetto ai contratti ‘liberi’. Nelle simulazioni Ares si stima un incremento del 60% dei circa 280.000 contratti a canone concordato relativo e del 40% (intorno al 10% medio annuo), l’incremento nel rinnovo del contratto libero. Complessivamente quindi, il costo complessivo degli aumenti che potrebbe abbattersi sulle 700.000 famiglie ammonta a circa 1 miliardo e 814 milioni di euro.

Fenomeno occupazione
L’emergenza casa crea indubbiamente
una vera crisi sociale dai gravi effetti, segnala l’Ares. In Italia sono oltre 200.000 famiglie (cioé quasi 600 mila persone, di cui almeno 200.000 immigrati) a essere coinvolte in situazioni di occupazione. Si tratta di nuclei monoreddito, anziani con la pensione minima, disabili, immigrati, studenti, disoccupati. “D’altronde esiste nelle maggiori città un enorme patrimonio abitativo di alloggi non utilizzati (110.000 soltanto a Roma) e ciò favorisce – secondo Ares – anche atti di
occupazione illegali, come risposta estrema ad una grave emergenza sociale di un bisogno casa largamente insoddisfatto. Ed anche quei sindacati degli inquilini che non approvano le occupazioni, cominciano a parlare: della necessità di invertire le politiche abitative, riformare la legge 431, assicurare una casa ai meno abbienti con un affitto sociale o solidale, triplicare il fondo integrativo dell’affitto”.