“Dopo anni di abbandono il latte fresco torna sulle tavole degli italiani e fa registrare il più elevato tasso di crescita tra i prodotti alimentari con un boom dell’8,2 per cento negli acquisti familiari nel mese successivo all’obbligo di indicare sulle confezioni il luogo di provenienza o mungitura, per impedire di spacciare come italiano prodotto importato”.

E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti sulla base dei dati Ismea- Ac Nielsen che registrano una significativa inversione di tendenza nei mesi di giugno (+ 4,9 per cento) e luglio (+ 8,2 per cento) successivi all’entrata in vigore del decreto interministeriale del 7 giugno 2005 sulle nuove norme di etichettatura. Si tratta di un risultato eclatante dopo che il consumo di latte fresco delle famiglie italiane si era progressivamente ridotto raggiungendo nel 2004 il livello più basso con un crollo di ben il 14% rispetto al 2000.

Per gli acquisti domestici di latte fresco nel 2004 gli italiani hanno speso oltre 1,62 miliardi di euro per una quantità di 1,3 milioni di tonnellate. Grazie alle performance positive di giugno e luglio complessivamente nei primi sette mesi del 2005 – sottolinea la Coldiretti – si è verificato un aumento del 3,4 per cento in valore e del 3,5 per cento in quantità nonostante i consumi alimentari siano rimasti pressoché stazionari con un aumento dell’1,7 per cento in quantità e un calo dello 0,2 per cento nel valore della spesa.

Il buon andamento della domanda di latte fresco dimostra che – precisa la Coldiretti – si tratta di una esperienza da estendere a tutti gli alimenti senza attendere emergenze economiche e sanitarie, come nel caso della mucca pazza e dell’influenza dei polli, perché serve più informazione per rispondere alla domanda di conoscenza dei cittadini sulle caratteristiche, genuinità e origine degli alimenti in vendita. Una richiesta che è alla base della partecipazione della Coldiretti allo sciopero della spesa per raccogliere le giuste sollecitazioni le associazioni dei consumatori e rispondere alla domanda di trasparenza nella formazione dei prezzi, sull’origine e sulle caratteristiche degli alimenti.

La nuova normativa che fissa multe fino a 9.500 euro per impedire di spacciare come Made in Italy latte munto da mucche bavaresi, austriache, francesi o slovene, riguarda per il momento solo il latte pastorizzato fresco e non quello a lunga conservazione (UHT) che con 1,4 milioni di tonnellate acquistate nel 2004 supera leggermente nei consumi familiari quello fresco. Una situazione che – afferma la Coldiretti – potrebbe cambiare dopo la spinta nei consumi che si è verificata grazie alle nuove norme sulla etichettatura del latte fresco che ne garantiscono una maggiore rintracciabilità dopo che era già entrato in vigore il decreto che ha allungato al sesto giorno successivo a quello del trattamento termico la data di scadenza, facendolo rientrare nella tradizionale spesa settimanale familiare.

Il “vantaggio” del latte a lunga conservazione è infatti per molti indicato in una durata pari a 90 giorni dalla data di confezionamento. Il latte pastorizzato fresco – spiega la Coldiretti- arriva crudo allo stabilimento e viene sottoposto a un solo trattamento termico entro 48 ore dalla mungitura mentre il latte UHT a lunga conservazione subisce un trattamento termico di sterilizzazione in flusso continuo seguito dal confezionamento asettico. Una differenziazione di processo che – prosegue la Coldiretti – oltre a rendere più probabile l’utilizzazione di latte importato per il confezionamento a lunga conservazione (non essendoci il vincolo delle 24 ore dalla mungitura c’è più tempo per il trasporto dall’estero) influenza e differenzia notevolmente le proprietà dei due prodotti.

Secondo gli esperti nel latte a lunga conservazione si riduce il contenuto di vitamina B e acido folico, importanti per il metabolismo del ferro ed utili soprattutto nelle diete dei giovani e degli atleti, che rimangono invece presenti nel latte fresco proprio perché sono termosensibili. Inoltre le qualità organolettiche del latte fresco sono giudicate superiori, più gradevoli di quelle del latte a lunga conservazione che viene esposto a una temperatura molto elevata che ne cuoce le proteine presenti peggiorandone decisamente il sapore.