Un Natale freddo ma non ghiacciato come è, del resto, stato l’andamento di tutta
l’economia nel corso del 2005 anche se tra regione e regione vi sono differenze a
volte significative. E c’è chi sta peggio di noi perché se, in Italia, i consumi
natalizi diminuiranno per l’1,5% rispetto al 2004, in Germania andrà anche
peggio.

– 13,8 miliardi di euro destinati all’acquisto di beni alimentari e non nel mese
di dicembre (200 milioni di euro in meno rispetto ai circa 14 miliardi del
2004).

– Reggono le spese alimentari (+0,1%) rispetto al 2004, crescono i prodotti
tecnologici (+1%), flettono ulteriormente i prodotti tessili e di
abbigliamento(-2,7%).

– Più negativo l’andamento per i giocattoli, i prodotti sportivi e da campeggio
(-3,2%), i libri e i prodotti di profumeria.

– Cambia il modello di consumo: la distribuzione delle spese evidenzia che si
mangia di più, soprattutto per la riscoperta dei prodotti tipici e ci si veste di
meno, anche per l’effetto saldi che porta a rinviare a gennaio le spese. Il
peso dell’alimentare rispetto al 2000 è infatti salito del 3,4% e diminuisce in
proporzione il non alimentare.

– Diverso il comportamento delle famiglie sul territorio negli acquisti di
Natale: le famiglie del Nord-Ovest sono quelle che spendono di più per
mangiare (260 euro in più rispetto agli altri mesi), mentre è al Nord-Est che
si spende di meno (161 euro a famiglia). Al contrario al Nord–Est l’aumento
di spesa per gli acquisti sotto Natale si concentra sui prodotti non alimentari
(430 euro a fronte dei 237 euro del Sud e delle Isole). E’ il Centro l’area
nella quale il Natale porta un aumento di spesa più consistente per i prodotti
non alimentari, e quindi per i regali: infatti si passa dai 695 euro al mese
spesi normalmente da una famiglia nel corso dell’anno ai 1.094 euro spesi a
dicembre.


Questa la previsione del Centro studi di Confcommercio per i consumi natalizi e
di fine anno.

I motivi di fondo del mancato rilancio dei consumi sono tre:
1- le persistenti
incertezze del quadro economico che incidono visibilmente sul comportamento di
famiglie ed imprese.
2- la precarietà di molti posti di lavoro.
3- le maggiori
decurtazioni che la tredicesima subirà quest’anno a causa dell’aumento delle
spese fisse di fine anno – assicurazioni, adempimenti e bollette di ogni genere – a
cui si aggiunge il rimbalzo negativo che su mutui, ratei, fidi e conti correnti
bancari sta già avendo l’aumento del tasso di sconto deciso dalla Bce.


Il mese di dicembre, tradizionalmente, offre agli oltre 18 milioni di famiglie, che
vivono di reddito da lavoro dipendente e di pensione – pari a più del 76% dei quasi
23,7 milioni totali – la possibilità di un reddito aggiuntivo rappresentato dalla
“tredicesima”, che determina una sorta di picco stagionale nella spesa e quindi nei
consumi, proprio perché una parte degli acquisti vengono rinviati alla fine dell’anno
e realizzati attraverso questo maggior reddito disponibile, utilizzato anche per
rispettare la tradizione natalizia dei doni.


Per il prossimo Natale le famiglie disporranno, grazie alla “tredicesima”, di quasi 46
miliardi di euro (il 3,1% in più del 2004), dei quali quasi 41 miliardi dovrebbero
essere destinati al consumo finale. Solo una piccola parte di questo ammontare,
tuttavia, e cioè circa 10,5 miliardi di euro, verrà destinata agli acquisti presso la
rete della distribuzione commerciale, con una flessione di circa l’1,1% rispetto al
2004, quando la «fetta» destinata ai negozi risultò più elevata di oltre 115 milioni di
euro.


Nell’insieme, l’«effetto Natale» in termini di maggiori acquisti complessivi nei
negozi, raggiungerà un livello pari a poco meno di 13,8 miliardi di euro, poiché si
deve considerare la più consistente propensione al consumo anche delle famiglie
con redditi da lavoro autonomo e attività professionali. In pratica, ai circa 10,5
miliardi di euro che si prevede verranno spesi da dirigenti, impiegati, operai e
pensionati, si devono aggiungere altri 3,3 miliardi circa di autonomi e professionisti.
Ma sarà pur sempre un «effetto Natale» meno ricco del 2004 (-1,5%), con una
flessione di quasi 210 milioni di euro.
La stima delle spese natalizie presso negozi, grandi superfici distributive e centri
commerciali, è basata sull’indagine Istat delle vendite del commercio al dettaglio in
sede fissa, e indica appunto in quasi 13,8 miliardi di euro i maggiori consumi di
beni, alimentari e non, che le famiglie effettueranno nel mese di dicembre, rispetto
alla media degli altri mesi dell’anno.



Ogni famiglia italiana
(ovviamente si tratta di dati medi, con tutte le cautele che ciò comporta) spenderà
nel mese di dicembre 2005 meno di 1.860 euro per l’acquisto di soli beni presso la
rete distributiva, con una maggiore disponibilità di oltre 580 euro rispetto alla sua
spesa media in qualunque altro mese dell’anno.
Nell’attuale fase, tutti gli indicatori congiunturali evidenziano una situazione di
sostanziale debolezza dell’economia, che sembra aver assunto caratteristiche
strutturali di modesta crescita, consumi stagnanti e aspettative delle famiglie
ispirate a comportamenti di spesa decisamente prudenziali.

Non bisogna dimenticare le incognite legate al rinnovo di molti contratti, alle
situazioni di crisi di alcune aziende e di disagio economico per alcune fasce di
cittadini (pensionati, disoccupati, immigrati).
Probabilmente, quindi, sulle intenzioni di spesa peseranno in modo determinante le
politiche di prezzo delle imprese commerciali, che dovranno in qualche modo
stimolare e rivitalizzare una domanda in torpore.


Da non trascurare, infine, che una quota crescente delle tredicesime potrebbe
essere destinata al pagamento degli onerosi tassi bancari, sui prestiti per credito al
consumo superiori ad 1 anno e sui prestiti a medio/lungo termine per l’acquisto di
abitazioni.

Un’analisi dell’ultimo quinquennio, evidenzia che ai primi due posti si collocano
settori tradizionalmente legati al Natale per l’aspetto dei doni, come supporti audiovideo,
o legati alle novità «tecnologiche», come il comparto per le dotazioni
informatiche, telecomunicazioni e telefonia. Per entrambi, infatti, oltre il 13% del
fatturato annuale è realizzato nel solo mese di dicembre.


I prodotti alimentari sono stabili intorno alla decima posizione, mentre agli ultimi
posti si collocano l’utensileria e i prodotti per la casa e il comparto foto-ottica e
pellicole, segmento un po’ in declino a causa della diffusione sempre più massiccia
delle fotocamere digitali e della stampa dell’output fotografico su periferiche a getto
d’inchiostro della fascia “consumer”, sempre più vicine a prestazioni professionali.
Queste graduatorie che riflettono l’incidenza del fatturato di dicembre sul totale
dell’anno non corrispondono, tuttavia, al peso dei singoli gruppi di prodotti rispetto
al totale delle spese natalizie.
Infatti, in termini di incidenza sulla spesa complessiva una quota prossima al 40%
risulta destinata all’acquisto di prodotti alimentari, mentre il rimanente 60% ai
prodotti non alimentari.


Queste percentuali si sono lievemente modificate nel corso del periodo 2000-2005,
evidenziando un progressivo aumento della quota destinata all’alimentare, che può
essere ricondotta, tra le possibili spiegazioni, ad un recupero della tradizione, con la
preparazione dei piatti tipici delle festività natalizie, e quindi ad un vissuto più
familistico di questo particolare periodo dell’anno.

Nel non alimentare, i settori che assorbono in misura più rilevante la maggiore
spesa di dicembre sono quelli dell’abbigliamento, in calo come quota nel
quinquennio, dei mobili e del tessile casa, stabili, al pari dei prodotti farmaceutici.
Per contro, i comparti tecnologici e quello dell’audio-video, dove la concentrazione
del fatturato in dicembre è tra le più elevate, sono quelli meno «pesanti» in termini
di spesa, nel senso che assorbono poco meno del 4% del totale i primi e addirittura
meno dell’1,5%, i secondi.


A livello generale dei poco meno del 13,8 miliardi di spesa aggiuntiva stimati per il
mese di dicembre 2005 circa 7,2 (pari al 51%) sono imputabili alle regioni del nord,
circa 3,0 (il 22% ) alle regioni centrali e 3,6 (il 27%) al Sud e alle isole.
Queste cifre indicano come, in linea con valori medi mensili di spesa delle famiglie
per i beni meno elevati, anche nel periodo natalizio la spesa aggiuntiva del
mezzogiorno risulti più contenuta rispetto a quanto si registra nelle altre aree.
Per contro si evidenzia come nelle regioni del centro «l’effetto Natale» risulti
particolarmente rilevante in considerazione di un incremento della spesa nel mese
di dicemb re di oltre il 52% rispetto al valore medio passando da 1.221 euro a
famiglia a 1.866 nell’ultimo mese dell’anno.