Siamo ormai abituati alla crudeltà che ogni giorno dilaga nella nostra vita, che passa velocemente davanti ai nostri occhi, in strada, per televisione o al cinema. Eppure, la durezza di certe immagini sembra amplificarsi solo nel singolo fotogramma. Come ci ricorda Susan Sontag in Davanti al dolore degli altri: «L’incessante susseguirsi delle immagini domina il nostro ambiente, ma quando si tratta di ricordare, la fotografia è più incisiva». La nostra è un’epoca che ripensa attraverso le immagini, in particolare modo quelle statiche. Le fotografie sono una pausa temporale al flusso visivo da cui siamo costantemente bombardati, proprio per questo riusciamo meglio ad assimilarle.

Inaugurerà questa sera, sabato 4 novembre alle ore 18,30 presso PaggeriaArte, “CruelPhotograpy” la nuova mostra che rimarrà allestita fino al prossimo 7 dicembre.


«È davvero facile usare la fotografia con crudeltà. Io fotografo con amore». La brutalità di molte immagini di Nan Goldin nasce in realtà dall’affetto, quello che ciascuno di noi riversa su persone, luoghi ed istanti vissuti che vuole ricordare. Nan Goldin è nata a Washington nel 1953, con un libro del 1986, Ballad of sexual dependency, è diventata un mito della fotografia mondiale. Fa parte di quegli autori che sono riusciti a fare l’autobiografia di una generazione raccontando un periodo della propria esistenza. Prima di lei fu Larry Clark, tra il 1968 e il 1971, a narrare una storia di giovani alle prese con l’eroina, nella famosa serie Tulsa. Anche dalle fotografie di Nan Goldin non emerge la favola americana favorita dalle produzioni hollywoodiane, ma un’autentica documentazione della realtà, fatta d’eccessi per alcool, droga, amore e sesso.


Andres Serrano, nato a New York nel 1950, è l’altro grande protagonista della fotografia internazionale presente in questa mostra. Uno dei suoi lavori più conosciuti, The Morgue, ha per soggetto numerosi ritratti di cadaveri ripresi sul letto dell’obitorio. «La cosa che mi ha colpito di più osservando le persone che stavano in obitorio è che per qualunque causa fossero morte, sembravano sempre delle vittime. Quando mi chiedono perché non ho scelto morti normali invece di scegliere morti violente, la mia risposta è che queste sono morti normali!».

Si tratta d’immagini molto forti, che possono turbare la sensibilità di alcuni, alimentando al tempo stesso la curiosità di altri. Altrettanto si dica per i ritratti della serie Ku Klux Klan. «Normalmente nel ritratto si ricerca l’identità della persona, – ha dichiarato Serrano – se la persona che ritraiamo è mascherata si ottiene allora quasi un autoritratto».
Una realtà ripresa senza tanti fronzoli emerge anche dal lavoro di Ed Templeton, nato negli Stati Uniti nel 1972, le sue fotografie ci restituiscono molto bene la crudeltà insita nei gesti quotidiani della sua generazione.
Come Nan Goldin, il giovane artista fotografa il proprio tempo affrontando i temi che ne hanno segnato l’adolescenza. Templeton è una figura fondamentale nella scena skate di Los Angeles, indaga con la macchina fotografica l’ambiente sociale in cui gli skateboarder vivono, mostra in tutta la sua crudezza la vita di gruppo cui uno sport come questo costringe. Per questo i suoi lavori si sviluppano come una storia di vita, rappresentata da un eccezionale numero di fotografie. Templeton racconta la sua vicenda personale, che inevitabilmente è anche quella degli amici e dei compagni, rivelando la quotidianità di coloro che lo circondano, soprattutto i teenager, fissandone i volti e le azioni.


Con un video che riflette sul dominio della paura nella realtà occidentale, i MASBEDO, acronimo di Nicolò Massazza (1973) e Jacopo Bedogni (1970), raccontano un mondo dominato da un attacco di panico sociale, «esseri come insetti si agitano per scappare da una sensazione atroce di timore e di perdita, fuggono senza avere la possibilità di fuggire, evadono da un giudizio spietato di un Dio che è in ogni cosa, nella maionese degli hamburger o nel burrito, fuggono perché intercettati da voci di militari che li hanno eternamente sotto tiro, fuggono da un attentato che non esiste».
Come tutti i video dei MASBEDO, anche questo rivela un tagliente tratto esistenzialista, al quale si aggiunge una dose estrema di crudeltà. Girato in 35 mm, alterando volutamente la resa dei colori, «il video 10 Insects to Feed prende il nome da quei ultimi dieci insetti che vitalmente finiscono di ripulire il cadavere e che noi tutti nutriremo prima di restare ricordi e ossa».


Come terapia catartica di fine mostra, per rasserenare le passioni prodotte dai drammi vissuti nelle opere fin qui esposte, si conclude con la visione delle immagini di Antonio Riello (1958) che, nell’insolita veste di fotografo, ci mostra alcune inedite scene d’ironica crudeltà. Nella serie Next time you’ll stay at home, l’artista capovolge con sarcasmo il normale svolgimento di alcune azioni comuni: un maiale s’improvvisa carnefice cucinando in pentola la sua vittima umana, due simpatiche vecchiette si apprestano a fare una sadica iniezione al loro sventurato medico curante.
L’umorismo può essere un’arma molto efficace nelle mani di un artista, lo sa bene Riello che con bombe ricoperte d’oro, pistole leopardate e coloratissimi fucili lavora da anni. In questo caso l’unica arma a sua disposizione è l’ironia, con la quale indirettamente riflette sul mezzo fotografico, a suo dire spesso e male utilizzato da un esercito di giovani “crudeli” artisti rampanti



“CruelPhotography”, la collettiva di Nan Golden, Masbedo, Andrei Serrano, Ed Templeton a cura di Luca Panaro, Laura Serri e Betta Frigieri, sarà visitabile nei locali di PaggeriaArte in p.le Della Rosa, fino al 7 dicembre con i seguenti orari:

– Mercoledì e venerdì ore 16-20

– Giovedì ore 21-23

– Sabato e domenica ore 10-13 ore 16-20