Secondo l’ultima rilevazione si sono registrate in Emilia-Romagna quasi 800 imprese che hanno effettuato investimenti all’estero con partecipazioni in 2.289 imprese estere, pari ad oltre 100.000 dipendenti e più di 19.000 milioni di euro di fatturato.

Del Primo rapporto sull’export e sull’internazionalizzazione dell’Emilia-Romagna presentato questa mattina in Regione al Forum dell’export e dell’internazionalizzazione, Ervet ha curato il capitolo su “Internazionalizzazione e investimenti diretti esteri”.

In sintesi, dall’analisi emerge come negli ultimi anni le imprese emiliano-romagnole hanno assunto un ruolo attivo nell’investimento diretto estero. In particolare, nel 2005 si sono registrate in Emilia-Romagna almeno 791 imprese che hanno effettuato investimenti all’estero con partecipazioni in 2.289 imprese estere, pari ad oltre 100.000 dipendenti e oltre 19.000 milioni di euro di fatturato.
I paesi di destinazione di questi investimenti sono soprattutto quelli dell’Europa area euro e dei paesi avanzati, a dimostrazione che molte scelte sono da considerarsi motivate da ragioni di opportunità per garantire e aumentare la competitività.

“Il fenomeno – ha sottolineato Giuseppina Gualtieri direttore di Ervet presentando i risultati – è interessante perché si affianca alla forte propensione all’export del sistema produttivo, dimostrando che l’internazionalizzazione è uno strumento fondamentale nella competizione delle imprese della regione e che la forma dell’investimento estero è sempre più patrimonio anche delle imprese di medie dimensioni, che utilizzano ormai tutte le leve della competizione: l’export, gli investimenti esteri e la ricerca di innovazione continua”.

A confermare il ruolo strategico degli Ide ci sono i dati sull’andamento mondiale. Secondo le ultime stime dell’UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development) riportate nel lavoro di Ervet, nel 2006 i flussi di Ide in entrata a livello mondiale sono cresciuti del 34,3%, raggiungendo l’ammontare di 1.230 miliardi di dollari USA. Si è dunque confermata l’inversione di tendenza avviatasi dal 2004, dopo il crollo che si registrò nel 2002-2003: questa crescita è dovuta al maggior apporto degli investimenti cross border M&A (fusioni ed acquisizioni tra imprese estere) tra i paesi avanzati (in particolare UK, USA e Germania) e quelli in via di industrializzazione.

Uno sguardo ai comparti. Nei processi di internazionalizzazione, il settore manifatturiero si conferma quello più dinamico, in termini di impatto, dipendenti e fatturato. Negli ultimi anni c’è stato un sensibile incremento degli Ide in uscita legati per lo più all’ampliamento della produzione nei mercati che contano, alla necessità di garantirsi un livello stabile di offerta dei propri marchi, al presidio con una maggior differenziazione dell’offerta del singolo mercato di destinazione finale, all’investimento nella ricerca.

“Dall’indagine – spiega Gualtieri – emergono soprattutto due considerazioni: export e investimenti diretti esteri costituiscono due strumenti integrati e non alternativi, utilizzati sempre di più anche dalle aziende di minori dimensioni. In secondo luogo, la scelta di puntare sugli investimenti diretti esteri non è riconducibile al contenimento dei costi, ma a una precisa opzione strategica per incrementare la competitività:tanto è vero che in Emilia-Romagna si registra un interesse prevalente verso le aree avanzate del mondo e non verso i paesi in via di sviluppo”.