Con l’effetto dei prezzi il 75 per cento delle famiglie italiane ha cambiato abitudini alimentari, con oltre la metà che ha variato il tipo di prodotti acquistati, mentre è anche aumentata l’attenzione riposta nella lettura dell’etichetta e quella alla provenienza dei cibi a favore di quelli locali.

È quanto afferma la Coldiretti sulla base dell’ “Indagine 2007 COL DIRE TTI-SWG – Le opinioni di italiani e europei sull’alimentazione”, in riferimento alla diffusione dei dati Istat relativi all’andamento dell’inflazione che assegnano all’alimentare e alle bevande il piu’ elevato aumento tendenziale con un incremento del 4,1 per cento a dicembre, con un valore record per il pane (+ 12,6 per cento), la pasta (+ 8,6 per cento), il latte (+7,7 per cento), la frutta (+ 4,8 per cento), la carne (+ 3,5 per cento). Si tratta di una tendenza destinata a consolidarsi nel 2008 per il quale, secondo il World Economic Forum (WEF) di Davos, la riduzione della disponibilità alimentare con l’aumento dei prezzi è indicata insieme alla crisi del petrolio, alla recessione Usa e alla globalizzazione dei rischi tra le minacce per l’economia mondiale da qui a dieci anni.
Le riserve alimentari globali – riferisce la Coldiretti – sono ai livelli piu’ bassi degli ultimi 25 anni e le forniture mondiali sono particolarmente esposte a crisi e disastri naturali con l’accentuazione dei fattori che provocano insicurezza alimentare come la crescita della popolazione, la modifica degli stili di vita, i biocarburanti e i cambiamenti climatici.

Nel 2007 in Italia se complessivamente la spesa alimentare è rimasta invariata (+ 0,1 per cento) le quantità portate a casa dalle famiglie per effetto dell’aumento dei prezzi si sono ridotte dell’1,3 per cento con piu’ pollo, frittata e acqua mentre calano pane, pasta e vino. Tra gli spostamenti piu’ significativi si registra infatti un calo nei consumi di pane (- 7 per cento), pasta di semola (- 4,3 per cento), latte fresco (- 2,2 per cento), formaggi (-0,4 per cento), vino (- 8,4 per cento), frutta (- 2,6 per cento), verdura (-2,6 per cento), olio di semi (- 5,9 per cento), carne bovina (- 4 per cento) e suina (- 4,6 per cento), mentre aumentano la carne di pollo (+ 6,2 per cento), le uova (+ 5,3 per cento), lo yogurt (+ 4,2 per cento), l’acqua (+ 1 per cento) e l’olio extravergine (+ 1,8 per cento), secondo le stime elaborate dalla Coldiretti su dati Ismea Ac Nielsen relativi ai primi nove mesi del 2007.
Il caro dei prezzi del 2007 non ha però fatto diminuire l’attenzione nei confronti della qualita’ e gli italiani sono risultati tra i piu’ sensibili in Europa alle caratteristiche del cibo nel carrello con ben il 97 per cento che ha acquistato prodotti locali per garantirsi freschezza, genunità e minori intermediazioni, l’84 per cento a denominazione di origine controllata (Dop/Doc), il 79 per cento prodotti biologici e il 66 per cento quelli garantiti per l’assenza di organismi geneticamente modificati, secondo l’ “Indagine 2007 COL DIRE TTI-SWG – Le opinioni di italiani e europei sull’alimentazione”.

Gli italiani – sottolinea la Coldiretti – si sono rifugiati negli alimenti prodotti nella zona in cui vivono con il 97 per cento che ha consumato prodotti locali e 2 italiani su 3 che lo hanno fatto con regolarità anche perché si tratta di alimenti il cui costo non è stato influenzato dal caro petrolio che ha fatto aumentare il costo di benzina e gasolio necessario per i trasporti. Con un aumento record del 9 per cento nel 2007 è stato anche un boom per il biologico a tavola, in controtendenza con l’andamento generale e secondo “Indagine 2007 COL DIRE TTI-SWG“ il 79 per cento degli italiani ha mangiato bio. La responsabilità degli aumenti – continua la Coldiretti – viene attribuita soprattutto ai troppi passaggi intermedi che i prodotti fanno per arrivare dal produttore al consumatore (66 per cento) ma sotto accusa sono anche i rincari eccessivi applicati dai commercianti e dalle catene di distribuzione (37 per cento) mentre sono del tutto scagionati gli agricoltori

Gli italiani temono per il mancato governo della situazione e addirittura il 37 per cento arriva a chiedere – sottolinea la Coldiretti – un intervento pubblico per calmierare i prezzi degli alimenti. Secondo lo studio della Coldiretti dei circa 467 Euro al mese che ogni famiglia ha destinato per gli acquisti di alimenti e bevande, oltre la metà, per un valore di ben 238 Euro (51 per cento), va al commercio e ai servizi, 140 (30 per cento) all’industria alimentare e solo 89 (19 per cento) alle imprese agricole. Questo significa chiaramente che i prezzi aumentano in media di cinque volte dal campo alla tavola con una tendenza che – afferma il presidente della Coldiretti Sergio Marini – tende ad accentuarsi nel tempo ed è quindi necessario lavorare per rendere piu’ chiaro e diretto il percorso del prodotto con l’etichetta di provenienza, ma anche intervenire sulle filiere inefficienti che perdono valore senza ritardare le necessarie ristrutturazioni. Nel 2007 – continua la Coldiretti – sono saliti a 57.530 i frantoi, le cantine, le malghe e le cascine dove è possibile comperare direttamente, secondo il rapporto dell’Osservatorio sulla vendita diretta delle aziende agricole promosso da Coldiretti e Agri2000. E ben sette italiani su dieci hanno fatto almeno una volta acquisti direttamente dal produttore agricolo giudicandoli in maggioranza convenienti con un risparmio atteso del 30 per cento anche se – precisa la Coldiretti – accanto alla ricerca del risparmio è stata sopratutto la qualità e la freschezza dei prodotti acquistati a spingere il trend positivo che ha portato la spesa per acquisti diretti nelle aziende agricole a raggiungere la cifra record di 2,5 miliardi di euro. E nel 2008, contro gli aumenti record debutteranno anche in Italia – riferisce la Coldiretti – i mercati esclusivi degli agricoltori, i cosiddetti farmer market, dove è possibile fare la spesa direttamente senza intermediazioni per combattere la moltiplicazione dei prezzi dal campo alla tavola. Con l’entrata in vigore del decreto del Ministero delle Politiche Agricole, fortemente sostenuto dalla mobilitazione della Coldiretti, tutti i Comuni hanno la possibilità di avviare mercati gestiti dagli agricoltori localizzati anche in zone centrali e con frequenza giornaliera, settimanale o mensile a seconda delle esigenze locali.