Sulla scia di alcune positive esperienze già maturate a Modena, come ad esempio quella messa a punto nel campo della panificazione, stiamo lavorando con diversi operatori del settore alimentare per dare, nell’ambito delle nostre possibilità, risposte chiare e misurabili rispetto al caro vita. Confesercenti Modena torna su un tema di grande attualità partendo da un approccio propositivo e cercando di superare sterili contrapposizioni tra categoria e si rivolge anche agli amministratori affinché vi siano maggiori uniformità nei regolamenti.


Che i prezzi di alcuni alimenti abbiano fatto registrare aumenti significativi è noto, come sono noti i maggiori fattori scatenanti, a partire dall’aumento delle materie prime – il prezzo del grano è aumentato del 40% – al quale si sommano quelli dei prodotti petroliferi e dei tributi e delle tariffe locali, incrementi che si posizionano al di sopra degli indici di inflazione previsti. Eppure non sempre le soluzioni proposte paiono tenere conto della situazione effettiva. Si pensi, ad esempio, alla necessità di accorciare la filiera della distribuzione dei prodotti agricoli. Nella nostra provincia la rete distributiva relativamente al settore alimentare è controllata per l’80% dalla Grande Distribuzione, che di norma si approvvigiona direttamente dal produttore eliminando una serie di passaggi intermedi. Eppure nonostante ciò la provincia di Modena non pare godere di una situazione sostanzialmente migliore rispetto ad altre zone dove maggiore è la presenza del piccolo dettaglio.

E’ in questo contesto che si inserisce la proposta di istituire i cosiddetti “mercati degli agricoltori” in modo capillare sul territorio della nostra provincia, con l’obiettivo di calmierare i prezzi di alcuni generi alimentari. In queste proposte sembrano sfuggire ai nostri amministratori alcune considerazioni che come associazione intendiamo mettere in rilievo. I mercati degli agricoltori vanno ad impattare sulla rete esistente dei mercati regolarmente costituiti operanti su scala provinciale e sulla rete al dettaglio, provocando tensioni e difficoltà a chi già opera. Peraltro in questo modo si rischia seriamente di costituire una situazione di concorrenza sleale, dato che a quanto ci risulta, in agricoltura vige un trattamento fiscale speciale che non è assolutamente paragonabile al sistema fiscale in vigore per i commercianti, sia all’ingrosso che al dettaglio, che su area pubblica. Esemplare in questo senso è il caso dell’IVA che gli agricoltori normalmente non versano, o versano in piccola misura, in quanto non vige il sistema IVA da IVA, cioè IVA vendite meno IVA acquisti. A ciò si aggiunga che non sono tenuti al rilascio di scontrino fiscale o ricevuta per cessione dei loro prodotti: il mancato rilascio dello scontrino fiscale e/o ricevuta vale sia per i prodotti venduti dove c’è la produzione sia per i prodotti venduti fuori dal luogo di produzione (nei vari mercatini degli agricoltori infatti nessuno rilascia lo scontrino fiscale o ricevuta).

Ciò che traspare è che l’intera dinamica che sovrintende l’attuale aumento dei prezzi è cosa complessa, che richiederebbe interventi in primo luogo su scala internazionale e nazionale che allo stato attuale purtroppo non si intravedono. Oggi ciò che realisticamente si può fare è intervenire sulle maglie della filiera per individuare e reprimere fenomeni speculativi, e, su scala locale, favorire, come appunto si è fatto con i panificatori, aggregazioni di operatori che si impegnino a definire panieri in cui i prezzi dei prodotti non verranno toccati per periodi di tempo medio lunghi.