Gianni Cavicchioli, assessore al Lavoro della Provincia di Modena, interviene sul dibattito sulla sicurezza sul lavoro sollevato dal sottosegretario Castelli che ha commentato nei giorni scorsi un intervento del Censis contestando il dato sulle “morti bianche” che considera sia gli incidenti effettivamente sul luogo di lavoro sia quelli stradali sui tragitti casa – lavoro.

Ci voleva proprio il sottosegretario (peraltro ai Trasporti) Castelli a far parlare tutti di incidenti sul lavoro senza che ne sia capitato uno disastroso con almeno cinque o sei morti.

Solitamente i politici riescono a farsi dar ragione anche quando non ce l’hanno: Castelli, a dimostrazione del suo acume, già tante volte dimostrato come Guardasigilli nello scorso governo Berlusconi, è riuscito a scatenare un putiferio pur dicendo una cosa esatta, che nel computo degli incidenti sul lavoro vengono considerati anche gli incidenti “in itinere”, quelli cioè che riguardano i tragitti casa-lavoro. Peccato che non sia riuscito a trattenersi da un commento ancor più inopportuno dei suoi soliti. Proprio per questo anche la reazione mi auguro che sia, come giustamente è stata, durissima ma breve, non per abbandonare l’argomento, ma per trattarlo con la serietà che merita e non con la solita ideologica lacerazione delle vesti.

Siamo di fronte a un problema di ordine culturale: questo è diventato un paese che, alla italica difficoltà di rispettare la più elementare fila allo sportello, ha aggiunto una crescente e sfrenata voglia di scorciatoie pur di raggiungere un risultato che si è trasformata in una vera e propria insofferenza per le regole. Lo dimostra l’atteggiamento delle parti in causa rispetto al problema.

I datori di lavoro sono molto più sensibili al rischio delle sanzioni rispetto al rischio dell’infortunio: lo dimostra il grande successo dei convegni tenuti sul “Testo Unico” di salute e sicurezza sul lavoro i cui contenuti erano tutti orientati alla copertura del rischio sanzionatorio. I lavoratori sono peraltro troppo spesso insofferenti o distratti rispetto alle normative: è vero che le fasce di rischio maggiori sono i giovani e i lavoratori stranieri, perché oggetto di una formazione scarsa e superficiale sul tema, ma parallelamente si colloca la fascia dei lavoratori, spesso autonomi, che si definiscono “esperti” al punto da pensare che “a loro non capiterà mai”.

Se quindi è vero che si tratta di un problema culturale, sappiamo che la cultura non si crea soltanto con le leggi: fosse così l’Italia sarebbe il paese più “acculturato” di tutto il mondo. La cultura si crea con l’attenzione, con la comunicazione: lo dimostra il tema parallelo della sicurezza personale, dove, a forza di martellare su televisioni e giornali, abbiamo creato un clima di paura e di insicurezza diffuso al punto da “sospettare” di chiunque, soprattutto se “diverso”. Basterebbe che un decimo di quelle forze mediatiche che hanno creato questa situazione dedicassero la loro attenzione su questo fronte per salvaguardare salute e sicurezza di tanti lavoratori e soprattutto risparmiare dolore e difficoltà a tante famiglie. Per questo, grazie Castelli, purché se ne parli.

(Gianni Cavicchioli – assessore al Lavoro della Provincia di Modena)