Interessa tutti i lavoratori dei settori privati – industria, artigianato, agricoltura, edilizia, servizi (bancari, cooperazione sociale, trasporto
merci, sanità privata, Telecom e Poste) – lo sciopero indetto dalla Cgil in tutti i territori dell’Emilia-Romagna venerdì prossimo 14 novembre 2008 per protestare contro la politica economica del Governo che con i tagli della
Finanziaria moltiplica gli effetti della crisi e per dire NO alle linee guida sulla riforma della contrattazione firmate da Confindustria, Cisl e
Uil che penalizza i salari e ingabbia la contrattazione e contro il rischio di accordo separato.


Anche a Modena sono previste 4 ore di sciopero al pomeriggio (dalle ore 14 alle 18) con corteo in partenza alle ore 14.30 dal parco Novi Sad per le vie del centro storico e manifestazione in piazza Grande con comizio del segretario della Cgil Donato Pivanti.
Esclusi dallo sciopero provinciale di venerdì prossimo, i lavoratori già interessati da mobilitazioni unitarie come scuola e università (venerdì 14 novembre si svolge anche lo sciopero nazionale unitario di categoria),
pubblico impiego, pensionati e addetti del commercio (in sciopero sabato15 novembre contro l’accordo separato).

Le ragioni dello sciopero sono le stesse che animano ormai da diverse settimane la mobilitazione della Cgil per chiedere una decisa inversione di politica economica e sociale al Governo Berlusconi.
“Di fronte alla crisi del capitalismo finanziario e ai forti contraccolpi sull’economia reale – afferma il segretario della Cgil di Modena Donato
Pivanti – servono provvedimenti urgenti che non siano solo il salvataggio delle banche, ma che si traducono in redistribuzione di ricchezza verso
salari e pensioni”. “Servono politiche di rilancio del welfare, per la scuola, aumenti delle pensioni, interventi assistenziali per i lungodegenti e le loro famiglie, sostegno per chi perde e rischia di perdere il posto di
lavoro”.
E purtroppo anche a Modena saranno tanti a cominciare dai precari, 25.000 contratti a tempo determinato e interinali che saranno i primi a essere espulsi dalle fabbriche, insieme ai collaboratori a progetto (4-5.000 nella nostra provincia) che potrebbero non vedersi rinnovato il contratto, e ai precari del pubblico impiego che non verranno stabilizzati entro luglio
prossimo.
Che succederà a quella parte di giovani, immigrati e giovani coppie, in affitto o con il mutuo che già faticano a pagare, se saranno espulsi dal mercato del lavoro e senza sostegni?
“Esistono difficoltà nelle aziende ceramiche, nell’edilizia e anche in quelle metalmeccaniche – precisa Vanni Ficcarelli della segreteria Cgil –
con un preoccupante ricorso alla cassa integrazione ordinaria”. In edilizia c’è il rischio concreto di perdere 1.000 posti di lavoro (tanto è il calo di lavoratori iscritti in Cassa Edili a settembre 2008), in ceramica c’è stato un aumento di oltre il 30% di ricorso alla Cig a giugno 2008 (rispetto a giugno dello scorso anno) con il passaggio da 72.000 ore a 360.00 ore coinvolgendo circa 1.000 lavoratori, ma si prevede che possono essere coinvolti a fine anno sino a 2/2.500 lavoratori. Alla Gambro-Dasco
di Medolla sono stati dichiarati 160 esuberi come conseguenza della decisione di delocalizzare alcuni reparti, e i segnali di crisi si stanno estendendo dal biomedicale a tutto il distretto dell’Area Nord interessando aziende nei diversi comparti dal ceramico al tessile al metalmeccanico.
“Preoccupa la crisi in settori come l’oleodinamica sinora mai toccati, – spiega Ficcarelli citando i dati dell’osservatorio Cgil – pensiamo ai lavoratori dei 3 stabilimenti modenesi della Bosch, in parte già in cassa
integrazione e le previsioni non sono rosee per i prossimi mesi. Intanto anche il fondo Eber per i lavoratori artigiani, un sistema di mutualità di
derivazione contrattuale, si sta assottigliando per il ricorso intensivo da parte delle aziende artigiane”.
“Nonostante il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali da parte delle
aziende – aggiunge Pivanti – il Governo non ha rifinanziato la cassa integrazione per il 2009 e già si stanno esaurendo i fondi regionali della
«cassa in deroga» per il tessile-abbigliamento”.

Un quadro che conferma le preoccupazioni della Cgil e le ragioni dello sciopero per rivendicare urgenti politiche anticicliche per far ripartire l’economia e tutelare il lavoro, e per un contratto nazionale che lo valorizzi.
Per questo la Cgil ribadisce il suo no alle linee guida di riforma della contrattazione proposte dalla Confindustria e firmate da Cisl e Uil. Una
proposta di riforma che non aumenta i salari, ingabbia la contrattazione, non estende il 2° livello e lega gli aumenti contrattuali unicamente al salario variabile.
“La discussione sulla riforma contrattuale in questo momento non ha più senso, non è una priorità e per di più alimenta le contrapposizioni con Cisl e Uil.

Oggi – conclude Pivanti – bisogna ripartire dai bisogni di lavoratori, pensionati e precari, rilanciare lo sviluppo, detassare salari
e pensioni, estendere gli ammortizzatori sociali anche chi oggi ne è sprovvisto, precari e lavoratori delle piccole medie imprese”.