CaseNewHollandIl Consiglio considera inaccettabile la proposta di chiusura dellostabilimento Cnh (New Holland Construction) di Imola, presentata dal Gruppo Fiat ai sindacati. Questo quanto emerge dall’ordine del giorno dei gruppi di maggioranza approvato dal Consiglio di ieri pomeriggio con 20 voti a favore (Pd, Idv, Prc/Pdci) e 12 astenuti (Pdl, Udc, Lega Nord).

Il 18 giugno scorso l’amministratore delegato Fiat, Sergio Marchionne, ha annunciato in un incontro con le parti sociali la chiusura dello stabilimento e il trasferimento della produzione a Torino e Lecce. Tale decisione è motivata, secondo l’azienda, dal calo delle richieste, a livello europeo, di macchine per le costruzioni. Il piano industriale prevede l’ultilizzo degli ammortizzatori sociali e dei prepensionamenti per accompagnare la cessazione della produzione. I 450 lavoratori di Imola hanno indetto lo stato di agitazione e le istituzioni locali si sono mobilitate per cercare soluzioni alternative alla chiusura. Secondo il documento approvato, il presidente della Regione Vasco Errani ha “chiesto ed ottenuto l’istituzione di un tavolo nazionale per affrontare una discussione e confrontarsi sul piano industriale del Gruppo Fiat”.

Sulla stessa questione i gruppi di minoranza hanno presentato un altro ordine del giorno (respinto dal Consiglio) nel quale si sostiene che la richiesta di istituire un tavolo nazionale è stata avanzata dall’onorevole Rais(presidente del gruppo Pdl) in un’interrogazione urgente alla Camera, alla quale è seguita l’immediata disponibilità del Governo.

Il documento approvato chiede al Governo “di attivarsi affinché Fiat venga richiamata alle sue responsabilità nei confronti dei lavoratori di Imola riconvertendo lo stabilimento produttivo”. Secondo il Consiglio taleimpegno “appare necessario anche in considerazione dei sostegni pubblici decisi dal Governo a favore del Gruppo Fiat”.

La maggioranza chiede inoltre alla Giunta provinciale di “confermare l’impegno ad operare in tutte le sedi istituzionali per contrastare laprospettiva di chiusura, la conseguente perdita dell’occupazione per i 450 lavoratori e la scomparsa di un importante presidio lavorativo per la realtà provinciale”.