Anche i lavoratori con le stellette, ovvero militari e operatori delle forze di polizia a status militare come finanzieri e carabinieri, fanno i conti con un peggioramento delle condizioni di lavoro e con la compressione dei diritti. La denuncia è emersa con forza in un recente incontro informale della Cgil regionale Emilia Romagna con alcuni rappresentanti di questi settori molto delicati. Due gli aspetti centrali della denuncia: i tagli alle risorse su legalità e sicurezza; le limitazioni alla libertà di espressione e alla rappresentanza.

I tagli alle risorse su legalità e sicurezza – conseguenze in Emilia Romagna

Nonostante il propagandato impegno elettorale del governo su questo versante, la spesa in Italia è notevolmente calata e si colloca molto al di sotto della spesa per la sicurezza della media europea, in particolare di Francia, Germania, Inghilterra. I tagli hanno ridotto le risorse che riguardano le forze di Polizia, il comparto Difesa e la Giustizia. Le due ultime manovre finanziarie, con un primo taglio lineare del 20% ed uno ulteriore del 10%, hanno colpito e colpiranno duro sugli organici e su molte attività operative di tutte le forze di polizia. Gli effetti negativi già si vedono e si vedranno ancor più anche in Emilia Romagna.

I dati sono sconcertanti: c’è una carenza di oltre 650 agenti per la Polizia Penitenziaria in regione e altrettanti per la Polizia di Stato e Carabinieri; mancano circa 250 Finanzieri e diverse centinaia nell’Amministrazione Giudiziaria. Da ciò derivano una notevole riduzione nelle attività di controllo del territorio regionale, difficoltà in tanti commissariati e stazioni dei carabinieri, ridimensionamento delle volanti e delle attività investigative contro la grande evasione e l’economia illegale.

Libertà di espressione e rappresentanza

Da questo mese di ottobre è in vigore il “nuovo” Codice dell’ordinamento militare che, voluto dagli Stati maggiori per riorganizzare e semplificare le regole vigenti, in realtà introduce cambiamenti di sostanza. In particolare vengono manomessi diritti acquisiti da oltre trent’anni con la legge 382/78 (norme di principio sulla disciplina militare) sulla libertà di espressione e di pensiero: niente da dire sulle limitazioni esistenti riguardo ad argomenti “a carattere riservato o di servizio”, ma ora si pretende di vietare ai militari la possibilità di esprimersi sui temi “collegati” al servizio, ovvero su tutto! E si introduce il divieto di “vicinanza e colloquio” con i sindacati, un’assurdità!

Siamo al paradosso che i Cocer (rappresentanze centrali dei militari), partecipando ai tavoli negoziali insieme ai sindacati di polizia per i rinnovi dei contratti nell’ambito del comparto sicurezza e difesa, non potranno però comunicare con i sindacati stessi per definire soluzioni comuni sui tanti aspetti contrattuali che riguardano poliziotti, carabinieri, finanzieri e militari.

Altra fonte di seria preoccupazione è rappresentata dal “Collegato lavoro” appena approvato dal governo, che per i comparti della sicurezza e i corpi militari opera una forzatura imprevista e sorprendente, sancendo (art. 19) una “specificità” declinata come separatezza dalla pubblica amministrazione.

Tutto questo rischia di riportare il mondo militare nel chiuso di una cittadella separata, fuori dal tempo, mentre proprio a luglio scorso l’OSCE-Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa ha emesso un richiamo verso alcuni Paesi aderenti, in primis l’Italia, per il riconoscimento “delle libertà fondamentali al personale militare” e il rispetto delle libertà “di riunione e libera associazione”.

Non possiamo accettare questa involuzione, che trova larga opposizione nella categoria: il 27 novembre, alla manifestazione nazionale promossa dalla Cgil a Roma, daremo voce anche a queste proteste.

(FRANCO ZAVATTI, Dipartimento Legalità e Sicurezza Cgil regionale Emilia) Romagna