“Dobbiamo sostenere il no al referendum di Torino e tradurre l’assemblea delle Camere del Lavoro di Chianciano in un confronto di merito che superi la contrapposizione congressuale”: è quanto scrive il segretario regionale della Cgil dell’Emilia Romagna, Antonio Mattioli, in una “lettera aperta alle compagne ed ai compagni della Cgisl”, a proposito della vicenda Fiat e del dibattito aperto all’interno del sindacato.

Il testo della lettera aperta

Dopo lo scellerato, indecente ed inaccettabile accordo separato della Fiat di Mirafiori, si è aperto un dibattito sulla stampa sui contenuti dell’accordo stesso, sul giudizio e sul ruolo della Fiom e della Cgil.

Se quanto è accaduto produce naturalmente una reazione mediatica immediata da parte di tutti i soggetti direttamente o indirettamente coinvolti, ciò che non è sopportabile è che, in assenza di un confronto serrato e di merito, anche in casa Cgil ci si parli a mezzo stampa.

Dopo i due Direttivi Nazionali di Dicembre, nei quali non si è discusso nel merito della vicenda contrattuale e democratica del nostro paese, si pensa di risolvere il tutto con un paio di interviste.

E’ questo il modello di democrazia che consegniamo ai lavoratori?

Siamo di fronte ad uno scenario senza precedenti, senza una proposta sulla democrazia e sul modello contrattuale discussa e condivisa dentro la nostra Confederazione e con la generalità del lavoro dipendente.

Care compagne e cari compagni, credo che sia giunta l’ora di fare quello che non abbiamo fatto durante il congresso, perchè blindati nella contrapposizione di mozioni diverse, e che non facciamo oggi, vincolati da un’assurda e controproducente blindatura; dobbiamo produrre una nostra proposta e decidere noi il terreno di confronto.

Il terreno non è non può essere il modello Marchionne; soppressione della libertà sindacale, togliere diritti, produrre nelle aree del mondo dove sono più “generosi” con le imprese, comprimere i costi partendo dai salari e dall’organizzazione del lavoro, eliminare la rappresentanza di chi dissente, chiudere le fabbriche, vendere i “gioielli”, scorporare la struttura societaria: da una parte ci sono le realtà che fanno profitto e non si toccano i contratti e dall’altra c’è chi deve essere sacrificato per rispondere all’esposizione finanziaria e ad un mercato più che saturo senza investire in innovazione.

In realtà il tanto enfatizzato piano Marchionne prevede un miliardo di € a Torino per fare una pezzo di Chrysler e 700 milioni di € a Pomigliano per la Panda, 6 miliardi da restituire all’amministrazione americana, liberare i fondi pensione americani dal ruolo degli azionisti, chiudere Terimini Imerese, spremere la Cassa Integrazione (peculiarità italiana particolarmente apprezzata dalla Fiat): tutto vecchio, troppo vecchio da sembrare, per qualcuno, tanto nuovo da considerarlo un modello di sviluppo.

Come possiamo solo pensare che il resto di questo paese possa restare per molto tempo sotto scacco?

Come possiamo continuare a lacerarci in una contrapposizione interna, senza un confronto di merito, che finisce inevitabilmente per scaricarsi in modo drammatico sull’intero mondo del lavoro dipendente?

Come possiamo continuare a dare credito a chi ha sottoscritto accordi che escludono la rappresentanza della Cgil, derogando da diritti costituzionali, riducendo a carta straccia accordi unitari confederali?

Come possiamo non pensare alla balcanizzazione della rappresentanza nei luoghi di lavoro?

Il terreno di confronto dobbiamo proporlo noi, producendo una proposta di merito che obblighi l’intero paese, comprese le istituzioni, a produrre scelte alternative al modello Marchionne ed in grado di garantire un modello di sviluppo sostenibile centrato sulla qualità del lavoro, del prodotto e sulla democrazia.

Per queste ragioni dobbiamo sostenere il no al referendum di Torino e tradurre l’assemblea delle Camere del Lavoro di Chianciano in un confronto di merito che superi la contrapposizione congressuale.

(Antonio Mattioli, Segretario Regionale Cgil Emilia Romagna)

Bologna, 3 Gennaio 2011