Il Comune di Modena esprimerà all’Anci, ai ministri della Salute e del Lavoro e Politiche sociali le proprie preoccupazioni sul testo di legge, presto in discussione alla Camera, “Disposizioni in materia di assistenza psichiatrica” dell’onorevole Carlo Ciccioli (Pdl). Lo ha deciso il Consiglio comunale che nella seduta di ieri, in occasione della Settimana della salute mentale, ha approvato con il voto favorevole della maggioranza e contrario di Pdl e Lega nord, un ordine del giorno presentato da Pd e Sinistra per Modena.

La mozione, illustrata in Aula da Giulia Morini (Pd), impegna inoltre la Giunta ad aprire un dibattito, anche in sede di Consiglio, sull’attuazione della legge Basaglia del 1978 dal titolo “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, e sulle criticità della rete integrata dei servizi dedicati alla salute mentale. Particolare attenzione verrà posta al superamento definitivo delle realtà istituzionali ancora esistenti, come gli ospedali psichiatrici giudiziari o i manicomi privati “mascherati”, e all’incremento della capacità dei Centri di salute mentale di intercettare i bisogni della popolazione grazie ad un’apertura 24 ore su 24. Il Consiglio si concentrerà inoltre sul problema degli inserimenti lavorativi, sul potenziamento di strutture residenziali, centri diurni e servizi per il tempo libero, e sulla strutturazione di servizi “di strada” rivolti, in particolare, alla popolazione senza fissa dimora. In particolare, la mozione esprime preoccupazione per le previsioni in materia di Trattamento sanitario obbligatorio, con il prolungamento da 7 a 30 giorni, e per l’introduzione del Trattamento sanitario obbligatorio prolungato, della durata di sei mesi con possibilità di rinnovo. Elementi problematici, a giudizio della maggioranza, sono anche le “molteplici aperture alle strutture private accreditate” e gli “inaccettabili i riferimenti al contratto terapeutico vincolante che costringerebbe il paziente ad essere sottoposto per un tempo illimitato a cure che non accetta”.

Ha aperto il dibattito Cinzia Cornia del Pd, che ha sottolineato come la legge Basaglia abbia permesso un passo avanti rispetto alla situazione precedente: “Ha smantellato i capisaldi su cui si era fondata la psichiatria fino a quel momento, cioè manicomio e pericolosità sociale. Con la proposta di legge Ciccioli si corre il grosso rischio di tornare indietro di 40 anni. La persona – ha aggiunto la consigliera – resta portatrice di diritti e di autodeterminazione, indipendentemente dal fatto che soffra di un malanno fisico o psichico”. Per Giulia Morini, il disegno di legge “permette di prolungare facilmente il trattamento sanitario obbligatorio e, una volta accettato, vincola il paziente all’ospedalizzazione anche in caso di maturazione di volontà contraria”. Secondo la consigliera, inoltre, “c’è chi vuole fare della cronicità un businnes” e il ddl sarebbe “un grande regalo per le cliniche private”. Luigi Alberto Pini ha osservato che la proposta di legge “non mira a migliorare le storture e le difficoltà di applicazione della legge Basaglia, senz’altro presenti, ma va a incidere direttamente sulle impostazioni della legge stessa, che partono dal concetto rivoluzionario che la malattia psichiatrica non sia diversa dalle altre malattie e che ha abbia una base anche sociale nella sua genesi”.

Federico Ricci, Sinistra per Modena, ha citato Franco Basaglia: “Un individuo ha come prima necessità non solo la cura della malattia ma molte altre cose. Il malato non è solamente un malato, ma un essere umano con tutte le sue necessità”. Per Ricci, “un disegno di legge come quello presentato da Ciccioli va esattamente nella direzione opposta rispetto ai ragionamenti che hanno ispirato la legge Basaglia e l’azione dell’Amministrazione sul territorio”.

Adolfo Morandi, capogruppo del Pdl, ha affermato che “l’idea non è di fare del businnes, ma di sottoporre a revisione la legge Basaglia, nella quale c’è qualcosa che non funziona fino in fondo. Certi pazienti sono arrivati ad atti sconsiderati, sfociati nel suicidio o nella morte di altre persone. In alcuni casi quindi – ha concluso – i trattamenti sanitari devono essere tali da curare persone pericolose impedendo loro di nuocere a se stessi e alla collettività”.