“Come ogni anno, anche domenica 12 febbraio celebreremo il ‘Giorno del ricordo’ istituito con la legge 92/2004 per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre di istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale. Quest’anno l’iniziativa, promossa insieme all’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, avrà un rilievo provinciale. Una storia tragica che si colloca nella secolare e complessa vicenda del confine orientale. I trattati di pace dopo la Seconda guerra mondiale comportarono per l’Italia la cessione della città di Zara, alcune isole dell’Adriatico, una parte della Venezia Giulia, l’Istria con le città di Pola e Fiume. Nel dopoguerra, fra i tanti problemi della ricostruzione e della guerra fredda, si realizzò, nell’indifferenza generale, il dramma dell’esodo italiano da quei territori. Secondo stime ufficiali, circa 250.000 persone, ossia la quasi totalità degli istriani di nazionalità italiana, abbandonano quelle terre, per il timore di perdere la propria identità italiana, per sfuggire a possibili persecuzioni da parte della neonata Repubblica Federativa Popolare di Jugoslavia o per la paura di finire uccisi nelle foibe, cavità carsiche nelle quali trovarono la morte secondo stime attendibili circa 5.000 persone per mano dei partigiani titini. Rimozioni e ragioni politiche hanno impedito a lungo di affrontare questa tragica vicenda, schiacciata a sinistra dalla difesa ideologica del regime comunista jugoslavo e a destra dalla rimozione dei crimini compiuti in quei territori precedentemente dai fascisti contro le comunità non italiane. La vicenda è stata inoltre rimossa per i convergenti interessi di governo e opposizione e per mantenere buoni rapporti con la Jugoslavia. Ma quella storia tocca direttamente la comunità carpigiana, perché tra le varie destinazioni dell’esodo ci fu, dal 1954, il Villaggio San Marco allestito nell’ex Campo di concentramento di Fossoli. Alle sofferenze dell’esodo si aggiunsero le incomprensioni con la popolazione locale. Gli istriani faticarono non poco ad integrarsi nella comunità carpigiana, che nutriva inizialmente diffidenza nei loro confronti. È doveroso nei confronti degli istriani ricordare quella tragica vicenda, che ha segnato una comunità che a lungo si è sentita profuga in Patria e in permanente esilio. La vicenda dell’esodo, così come quella delle foibe e più in generale delle violenze perpetrate in quelle terre, non può trovare nessuna giustificazione e il racconto di quel dolore va rinnovato come monito, perché ancora oggi dobbiamo promuovere la cultura dell’accoglienza e della convivenza pacifica tra popoli e culture e respingere ogni forma di violenza e di odio etnico, razziale, religioso, ideologico verso coloro che sono ritenuti, a torto, diversi”.