“Ma che razza di liberalizzazioni sono quelle che, se non governate e disciplinate da regole poste a tutela di un interesse generale prevalente, aprono un’autostrada a pochi grandi gruppi in un settore come quello del farmaco. Siamo al paradosso: nel campo della dispensazione dei medicinali la liberalizzazione incontrollata porterebbe in poco tempo ad un oligopolio, sottraendola al doveroso e costituzionale controllo dello Stato. Meno aziende, qualità del lavoro di chi opera nel settore che rischia seriamente di peggiorare, minore capillarità e continuità del servizio, come è avvenuto nei Paesi Anglosassoni. Altro paradosso è quello di chiamare in causa le farmacie per il costo dei farmaci quando invece il prezzo, proposto dall’Industria, è approvato dallo Stato; una responsabilità questa alla quale Stato non può abdicare in quanto un prezzo amministrato è a garanzia del cittadino”, evidenziano senza giri di parole il presidente regionale di Federfarma Emilia-Romagna, Domenico Dal Re e il presidente di Federfarma Modena, Silvana Casale.

Oggi in Italia, le farmacie territoriali (in tutto poco meno di 18mila), quelle cioè presenti ovunque e in grado di garantire il servizio 365 giorni l’anno, 24 ore al giorno, nella quasi totalità dei casi sono gestite personalmente da farmacisti indipendenti, non legati a grandi catene di distribuzione o a case farmaceutiche. Oggi la farmacia non è un’impresa commerciale, bensì una concessione dello Stato il quale cede una sua funzione – la tutela della salute, costituzionalmente garantita dall’articolo 32 – a un professionista o a un Comune – per esercitare la propria attività al suo posto, nell’interesse generale, a condizioni e a prezzi uguali per tutti. Da ciò derivano una serie di regole, legate al numero di abitanti per farmacia e alle peculiarità del territorio, per evitare che zone periferiche e comunque poco appetibili commercialmente siano prive di alcuni servizi essenziali come quelli assicurati dalla farmacia. Dimenticare che queste regole, sia pure migliorabili, sono a tutela del diritto alla salute significa affrontare in modo improprio l’argomento.

Se si cominciano a togliere pezzi dal Sistema Sanitario Nazionale di cui la farmacia è parte integrante e non si conservano regole che permettono di sostenere un sistema solidale e universalistico, si va a compromettere un modello organizzativo il cui scopo primario è garantire a tutti i cittadini la possibilità di ottenere i farmaci a parità di condizioni, sia come prezzo sia come facilità di accesso, da un professionista qualificato in un ambiente che offre tutta una serie di garanzie sotto il profilo della qualità e della sicurezza.

Se si preferirà far prevalere l’aspetto economico si consegnerà un pezzo importante di un servizio di interesse pubblico a soggetti la cui natura è, sia pure legittimamente, di natura eminentemente commerciale. Agendo in questo modo si commetterebbe un errore grave le cui conseguenze peserebbero sulla collettività, a partire dalla inevitabile riduzione della qualità e della continuità del servizio stesso.

Oggi il capitalismo speculativo vuole il farmaco, domani tutta la sanità, come negli Stati Uniti dove il 30% della popolazione non ha assistenza sanitaria. “Non è accettabile che per l’interesse di pochi sia messo seriamente a rischio il diritto alla salute” proseguono Domenico Dal Re e Silvana Casale. Per questa ragione Federfarma Emilia – Romagna, Associazione che in regione rappresenta circa il 90% delle farmacie, ha messo a punto un’azione di sensibilizzazione rivolta ai cittadini per far conoscere i rischi seri che si corrono qualora dovesse aprirsi la strada ad una liberalizzazione incontrollata.

A partire da oggi verranno quindi distribuiti in tutte le farmacie aderenti a Federfarma Emilia – Romagna dei pieghevoli informatavi che si aprono con lo slogan “Farmacia del territorio = Salute” e inoltre sarà esposta una locandina che riassume lo spirito dell’iniziativa.

“Ancora una volta abbiamo preferito la via del dialogo e del confronto, ma indubbiamente i margini e i tempi per introdurre dei correttivi si stanno assottigliando. Speriamo che prevalga il buon senso e, soprattutto l’interesse generale. Non possiamo però nascondere il nostro sconcerto nel vedere come e con quanta determinazione alcuni politici nazionali di spicco si stiano dando da fare per ritagliare su misura regole che in modo inequivocabile andrebbero a favorire la grande distribuzione. Ci saremmo aspettati che l’attenzione fosse focalizzata su come dare la più ampia e concreta applicazione possibile all’articolo 32 della Costituzione dedicato al diritto alla salute e meno ai fatturati di alcuni gruppi commerciali” aggiungono ancora Domenico Dal Re e Silvana Casale.

Federfarma Emilia – Romagna non si limita però ad opporsi con determinazione a scelte che potrebbero distruggere un modello di farmacia considerato da molti tra i migliori al mondo e rilancia facendo anche proposte concrete. “Non c’è nessuna preclusione ad abbassare il quorum che stabilisce ogni quanti abitanti si possa aprire una farmacia. Da qua si può partire, ma non si può far collassare il sistema pensando che il libero mercato sistemi tutto. La storia di altri paesi ci ha dimostrato che non è così”.

Ma che senso ha aprire molte più farmacie quando poi in tante realtà il cittadino per avere i farmaci innovativi deve andare alla ASL e per quelli di libera vendita ai supermercati?

“Riteniamo ineludibile una riforma organica che riporti la farmacia nel suo originale ruolo di dispensatore di farmaci per conto del Servizio Sanitario, impegnandola a realizzare tutti quei servizi che in questa regione una amministrazione lungimirante ha già da tempo reso realtà (CUP, screening, autoanalisi, ecc.) e che sono legge dello Stato. Bisogna inoltre, per favorire i piccoli centri disagiati, dare la possibilità alle farmacie vicine di aprire in quegli ambiti piccoli punti di distribuzione” concludono Dal Re e Casale.