Negli ultimi giorni la parola ‘fondazione’ riecheggia ovunque, dalle sale del comune ai giornali, come la risposta ad ogni problema di spesa del bilancio in approvazione: sembra sia la strada scelta per i 4 asili oggetto delle polemiche degli ultimi giorni, onde evitare le tanto contestate esternalizzazioni. Altre fondazioni sembrano essere in ipotesi come soluzioni per gestire la biblioteca Memo e la casa protetta San Giovanni Bosco.

Nessuna parola ufficiale è però ancora stata spesa dal Comune, e di ciò ci si preoccupa, perché quella che sembra essere diventata la soluzione universale per affrontare (o eludere) la norma capestro della legge di stabilità, nasconde in realtà punti fumosi che sarebbe invece meglio mettere subito in chiaro.

La fondazione è un ente privato, con un patrimonio vincolato al raggiungimento di un determinato scopo, e sebbene non abbia scopo di lucro, possiede una struttura organizzativa formata da persone ed organi, che hanno potere in quanto competenti nella gestione del relativo patrimonio. Come si vede già in diverse realtà, le sedie delle fondazioni sono molto ambite in quanto centri, piccoli o grandi, di potere.

Proprio a questo proposito, il Comune non può limitarsi a paventare la costituzione di fondazioni, ma è chiamato a rispondere a domande più dettagliate, con la definizione dei modelli che intende adottare, specificando anche gli eventuali limiti che intende imporre agli organi nella gestione.

Il numero e la durata dei consiglieri di Amministrazione, la formazione delle decisioni e delle maggioranze, l’eventuale istituzione di un organo tecnico (o super-partes) al cui vaglio sottoporre determinate decisioni e la contabilità, e le necessarie norme che prevengano i conflitti di interessi, diventano domande ineludibili nel momento in cui ci si rende conto che stiamo parlando di un ente privato che prenderà in gestione strutture pubbliche, e che prenderà in carico i rapporti, di lavoro ed esterni.

Inoltre il fondatore deve chiarire subito quale sarà il suo ruolo all’interno dell’organizzazione: parteciperà effettivamente alle decisioni in qualità di membro del Consiglio di Amministrazione oppure avrà una presenza meramente simbolica in qualità di presidente onorario? Sarà del tutto estraneo all’amministrazione dell’ente o vi apporterà le proprie competenze “tecniche”?

Parimenti bisogna premunirsi di risposte ad altri temi, più sociali, come il trattamento che verrà riservato al personale attualmente dipendente delle strutture oggetto di trasformazione, quali contratti verranno posti in essere dalla fondazione, se il comune porrà dei vincoli in tal senso: va assolutamente impedito che in questo modo si venga a creare più precariato, soprattutto in settori già così delicati quali quello dell’occupazione femminile e dei diversamente abili, e in un momento così travagliato di crisi. Anche per quanto riguarda il tema caldo degli asili, la soluzione “fondazione” è stata accolta con positività dai genitori, ma forse un po’ affrettatamente, visto che non è possibile fare una valutazione aprioristica senza che siano prima sciolte le suesposte incognite, e soprattutto riguardo questo che sembra il progetto più concreto: nessuno ha mai parlato della variazione del numero di bambini che potranno essere accolti, né sono state fornite garanzie che non ci sarà una diminuzione dei posti disponibili, già così scarsi.

Di qui il nostro interesse in immediati riscontri da parte del Comune, funzionali e necessarie, non solo ad una qualsivoglia presa di posizione riguardo la questione “fondazioni”, ma anche ad una corretta e consapevole formazione della coscienza pubblica a riguardo, che non venga presa ancora una volta in giro da informazioni distorte e annebbiata da parole che celano altri significati.

(Alessandro Bartoli – Giuditta Caterina Paganelli, IDV)