«I medici specializzandi sono titolari di un contratto di formazione specialistica e non di un rapporto di impiego. L’emendamento al decreto legge sulla semplificazione fiscale che prevede la tassazione Irpef per ogni cifra superiore a 11.500 euro all’anno, se approvato, introdurrebbe sicuramente un ulteriore elemento critico nel processo di formazione di questi professionisti. Al contrario credo sia assolutamente necessario trovare il modo per sostenerli maggiormente». Lo ha detto l’assessore alle politiche per la salute della Regione Emilia-Romagna Carlo Lusenti con riferimento alle proteste dei medici specializzandi che oggi, in diverse zone del Paese, Bologna compresa (davanti al Policlinico S.Orsola-Malpighi), hanno organizzato sit in e manifestazioni contro un emendamento, recentemente approvato dal Senato della Repubblica e ora all’attenzione della Camera dei Deputati, in base al quale (a parziale modifica del Testo Unico delle Imposte sui Redditi) le somme da chiunque corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio, per fini di studio o di addestramento professionale, concorrono a formare il reddito per la parte eccedente gli 11.500 euro, anche in deroga a specifiche disposizioni che ne prevedono l’esenzione o l’esclusione.

«Mi auguro che l’emendamento venga ritirato. La vicenda – ha continuato Lusenti – ripropone la necessità di una riflessione più complessiva e sistemica sulla formazione post laurea dei medici che costituiranno il futuro prossimo dei Servizi sanitari regionali. Un ragionamento, ad esempio, che porti il medico in formazione, per il quale il titolo di specializzazione costituisce requisito concorsuale indispensabile per accesso ai ruoli del Servizio sanitario nazionale, a inserirsi progressivamente, e in maniera giuridicamente ed economicamente significativa, nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali durante il suo percorso di formazione specialistica».

Inoltre, l’assessore Lusenti ha aggiunto che «in una situazione di legislazione concorrente e di Servizio sanitario nazionale costituito da 20 Servizi sanitari regionali, occorre un approfondimento rispetto ai ruoli istituzionali di Stato e Regioni per arrivare a una maggiore responsabilizzazione della Regione che deve essere committente rispetto ai propri fabbisogni professionali in termini di co-decisione e co-programmazione insieme ad Atenei e Ministeri interessati rispetto ad un percorso formativo la cui titolarità rimane essenzialmente universitaria».