Un caso di “ingiusta detenzione” da risolvere al più presto: è quello che denuncia Desi Bruno, Garante dei diritti delle persone private della libertà personale per la Regione Emilia-Romagna, dopo la visita all’Istituto penitenziario di Parma, nella quale ha avuto occasione di incontrare gli internati “sfollati” dalla Casa di lavoro di Saliceta San Giuliano.

Dichiarata inagibile dai Vigili del Fuoco in seguito ai danni provocati dal terremoto, la Casa di lavoro di Saliceta San Giuliano ospitava 65 persone: 30 sono state trasferite alla Casa di reclusione di Parma, le altre 35 al carcere di Padova.

I detenuti collocati a Parma stanno protestando in maniera tanto determinata quanto civile, chiedendo di essere destinatari di una adeguata collocazione che tenga conto della loro situazione giuridica e del fatto che si trovavano in regime “aperto”. La Garante sostiene questa richiesta, ribadendo i concetti già contenuti nella richiesta inoltrata il 21 giugno scorso al Ministro della Giustizia, Paola Severino, e ai vertici del Dap (Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria).

È il caso di ricordare che nelle “case lavoro” – quattro su tutto il territorio italiano – sono internate persone che pur avendo interamente scontato la pena detentiva hanno avuto un’ulteriore misura di sicurezza, applicata dal magistrato, perché considerate socialmente pericolose. Queste ulteriori misure di sicurezza prevedono come obbligo il lavoro per arrivare al reinserimento sociale, ma nella realtà mancano i progetti, motivo per cui la misura detentiva può essere prorogata fino a che il giudice di sorveglianza non ritenga cessata la pericolosità sociale.

Poiché nella realtà le finalità delle misure di sicurezza detentive non si raggiungono, non assicurando né il lavoro, né il reinserimento sociale, l’evacuazione della casa lavoro di Saliceta – secondo la Garante – può essere l’occasione da cogliere per la sua chiusura definitiva, destinando le risorse dedicate a reali progetti di reinserimento per le persone internate, tenendo conto anche della vicinanza di altra struttura – quella di Castelfranco Emilia – che, per la sua ampiezza e per la presenza di officine dismesse, vasti terreni e attività in corso, sarebbe meglio utilizzabile con un razionale progetto di sfruttamento di una risorsa quasi sconosciuta.

La Garante rinnova l’auspicio che riprenda al più presto l’iter legislativo per l’abolizione delle misure di sicurezza detentive, retaggio di un passato normativo che giustifica per lo più l’allontanamento di persone già condannate da territori di provenienza; non a caso, nella regione Emilia-Romagna la maggior parte degli internati proviene da Lombardia e Campania.

In questo quadro, conclude Desi Bruno, desta forte preoccupazione la situazione degli internati di Saliceta attualmente “ristretti” presso il carcere di Parma, che lamentano una significativa riduzione degli spazi nella sezione in cui sono attualmente collocati. Va al più presto superato il paradosso giuridico che si è creato a Parma, dove 30 persone formalmente internate sono in sostanza detenute.

In una lettera al presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna, datata 3 luglio 2012, i 30 detenuti segnalano che la situazione di reclusione a cui sono sottoposti, da un lato non consente un trattamento come detenuti e conseguenti benefici, perché non è conteggiata come reclusione; dall’altro, interrompe un trattamento come internati, poiché l’Istituto di Parma non dispone né delle strutture idonee né di un apposito regolamento. Scrivono, fra l’altro, che “non è possibile svolgere attività lavorativa perché non può esservi contatto fra internati e detenuti (inoltre mancano i fondi) ed il lavoro per l’internato è obbligatorio”; perciò restano chiusi in cella 20 ore al giorno, nell’ozio totale. Gli ex internati a Saliceta San Giuliano chiedono al Presidente del Tribunale di sorveglianza di Bologna di intervenire presso l’amministrazione delle carceri per superare al più presto l’attuale situazione di detenzione, da sostituire eventualmente con un internamento nella casa lavoro di Castelfranco Emilia, o adottando misure di sicurezza alternative (libertà vigilata, obbligo di firma o di dimora).