Nunzio_BorelliIl terremoto ha causato un aumento delle patologie depressive nella popolazione della Bassa Modenese. Ne soffre oltre il 30 per cento dei 4 mila pazienti visitati ogni giorno dai medici di famiglia dell’Area Nord. Lo rivela Nunzio Borelli, presidente di Medibase Area Nord, la cooperativa dei medici di famiglia che garantisce l’apertura di un ambulatorio nei giorni festivi e prefestivi per patologie non gravi (i cosiddetti “codici bianchi”) e per evitare di ricorrere al Pronto soccorso quando non è necessario. «Nonostante le difficili condizioni logistiche, nel 2012 abbiamo avuto circa 3.500 accessi. Nelle prime settimane dopo il sisma abbiamo registrato un aumento delle patologie ansiogene e delle fobie. Ora, invece, – continua Borelli – notiamo una crescita di disturbi legati alla depressione: le persone faticano ad addormentarsi, si svegliano spesso durante la notte e la mattina presto. Gli studi ci dicono che a distanza di cinquant’anni dal terremoto oltre il 75 per cento della popolazione ha ancora paura. Questo significa – spiega il professionista – che dobbiamo attrezzarci per affrontare e curare per lungo tempo patologie legate agli eventi sismici del 2012». Nei mesi scorsi, quando l’ambulatorio in via Bernardi 7 a Mirandola era inagibile a causa del terremoto, i medici di Medibase Area Nord hanno accolto e curato i pazienti dapprima in una tenda della Protezione Civile montata nel parcheggio dell’ospedale di Mirandola, poi nel modulo messo a disposizione dall’Azienda Usl. Dal 26 gennaio la cooperativa è rientrata nella sede di via Bernardi 7 a Mirandola (tel. 0535.7030899), al quale possono rivolgersi liberamente e gratuitamente tutti i cittadini, adulti e bambini; un medico di famiglia è sempre presente in ambulatorio il sabato e i prefestivi (ore 9.30-12 e 16-18.30), la domenica e festivi (9-12).

«Siamo felici di essere tornati finalmente nella nostra sede perché possiamo dare un’accoglienza e assistenza migliore ai nostri pazienti. Ora speriamo che possano rientrare nei loro ambulatori anche tutti i 59 medici soci della nostra cooperativa: la metà di essi, infatti, – conclude Borelli – lavora ancora nei container».