Dossier-regionale-2013Nel corso del 2012 si sono rivolti ai Centri di Ascolto della Caritas quasi 20.000 persone che rappresentano lo 0,45% della popolazione Emiliano Romagnola.

ANCHE ITALIANI AL CDA

I Centri di Ascolto (CdA) della regione si riconfermano a forte vocazione straniera ed in media su 10 persone 7 sono straniere e sono 3 italiane. Se si considerano solamente i nuovi arrivi, si nota come la quota degli italiani sia sovrarappresentata; si tratta di un dato importante che mette in luce come probabilmente la povertà al momento stia colpendo con maggiore intensità le persone italiane rispetto alle altre nazionalità.

Passando ad esaminare il gruppo più numeroso che è quello degli stranieri evidenziamo tre fenomeni comuni ai CdA della regione: il primo dato è la conferma della riduzione degli irregolari.

Un secondo fenomeno comune è il tema dei rimpatri ossia quelle persone che decidono di abbandonare il progetto migratorio, alcuni si rivolgono alla Caritas per sostenere le spese di rimpatrio, altri per essere incoraggiati a riprendere un percorso all’indietro. Pensare di rientrare nel paese di origine non è semplicemente una strategia per superare un momento difficile, ma per molti significa modificare sostanzialmente il proprio progetto di vita.

Il terzo fenomeno comune evidenziato nel Dossier è l’arrivo dei profughi dai paesi del Nord Africa.

I dati rispetto l’immigrazione nella nostra regione influenza l’affluenza ai CdA: Marocco, Romania, Albania, Moldavia e Ucraina oltre ad essere fra le prime 5 nazionalità per numero di immigrati sul nostro territorio sono anche le nazionalità più presenti nei nostri CdA, ma dall’altro è assolutamente evidente come Cina e India per esempio, benché rientrino nelle nazionalità maggiormente presenti in Emilia-Romagna di fatto non sono presenti nei nostri CdA.

Si continua tuttavia ad assistere ad un sempre maggiore radicamento nel territorio di famiglie straniere, ma risulta ancora difficoltoso il loro inserimento sia per problemi linguistici e culturali, sia per la permanenza di una mentalità che tende a vedere nel “diverso” una presenza ostile.

 

FEMMINE, MA NON SOLO

Storicamente le persone che si rivolgono ai CdA sono in misura maggiore di sesso maschile soprattutto anche alla luce della prevalenza di stranieri, dinamica che ricalca il fenomeno migratorio che ha visto da sempre una prevalenza maschile.

Da alcuni anni il fenomeno migratorio ha interessato anche la componente femminile e di conseguenza anche l’utenza dei CdA sta lentamente adeguandosi; ricordiamo come “la presenza femminile è particolarmente forte a livello di persone straniere perché sono quelle che all’interno del nucleo familiare mantengono i rapporti con il CdA.

Negli ultimi anni considerati emergono due fenomeni comuni: un aumento di ragazze madri e un aumento di “ex badanti”. E’ pur vero che l’utenza maschile che si rivolge al CdA presenta un problema di disoccupazione e che la prima richiesta è quella di una occupazione, ma è un fenomeno che sta interessando sempre di più le donne che prima invece non richiedevano prioritariamente una occupazione ma un sostegno economico e/o materiale per sé e la propria famiglia.

 

POTENZIALMENTE ATTIVI

Rispetto l’età esiste una certa differenza fra gli italiani e gli stranieri in quanto le persone italiane sono mediamente più anziane rispetto agli stranieri ma la tendenza comune che vogliamo evidenziare è un tendenziale innalzamento dell’età media in tutti i centri considerati; tendenza ben visibile dal grafico a fianco in cui si evidenzia un allargamento del contingente rappresentato dall’età adulta a scapito delle altre due fasce d’età.

Pare quindi che la fascia di età più esposta al rischio di povertà sia quella fra i 35 e i 55 anni ossia l’età produttiva e riproduttiva in cui la mancanza di lavoro e il carico familiare incide in maniera pesante.

Meritano però una riflessione anche le due fasce di età estreme perché in un qualche modo descrivono tendenze comuni: “la crisi economica colpisce maggiormente i giovani … ossia coloro che ancora non sono pervenuti ad una condizione stabile di vita (…) probabilmente questi si sono rivolti alla Caritas proprio per essere aiutati a mettere le basi per il proprio futuro, per compiere quel salto di stato dall’età giovanile a quella adulta, che è premessa essenziale perché un uomo, una vita, possa sentirsi in cammino verso la realizzazione della propria esistenza.

Gli effetti della fuoriuscita dal mercato del lavoro pare si siano manifestati anche nella fascia di età più elevata o almeno così sembra dalle persone incontrate presso i CdA della regione: “Un’oscillazione piuttosto marcata riguarda l’età delle persone che abbiamo incontrato; emerge uno spostamento verso la fascia over 45 a conferma di una sensazione avuta nel corso dell’anno. E’ il risultato delle tante espulsioni dal lavoro, dell’esaurimento delle risorse in precedenza accantonate, del carico di oneri che attanagliano le famiglie sempre più in difficoltà”.

 

LA FAMIGLIA AL CENTRO

Sette persone su dieci di coloro che si rivolgono ai CdA convivono con altri, la maggior parte familiari, ma anche conoscenti con cui dividere l’alloggio. Portiamo all’attenzione due fenomeni che ci paiono comuni in molti CdA: la precarietà relazionale incontrata e un inasprimento delle tensioni all’interno dei nuclei familiari. Da una osservazione qualitativa della situazione delle famiglie emerge un quadro caratterizzato da fragilità economica cui spesso si accompagnano problematiche legate all’instabilità dei rapporti coniugali, alla difficoltà ad interpretare il ruolo genitoriale, alla forte rarefazione della rete di relazioni. La situazione di vulnerabilità si presenta con maggior frequenza nelle famiglie monogenitoriali, nelle famiglie monoreddito e/o con ammortizzatori sociali a termine, nelle famiglie con forte instabilità lavorativa (contratti a termine, lavoro sommerso), nelle famiglie numerose, nelle famiglie segnate dalla malattia/disabilità di uno o più componenti del nucleo. Per i nuclei familiari stranieri la presenza di molti figli nel nucleo accompagnata con molta frequenza ad un solo reddito porta ad una situazione di forte dipendenza dal sistema dei servizi.

Se normalmente le famiglie più a rischio di povertà sono quelle numerose o con all’interno situazioni di disabilità, al CdA le famiglie più fragili paiono essere quelle giovani con minori al loro interno.

Si assiste anche ad una contrazione dei ricongiungimenti familiari che è la conseguenza del periodo di forte contrazione economica così come ad un aumento di persone con alle spalle una qualche forma di frattura familiare.

 

IL LAVORO NON BASTA PIU’

La mancanza di lavoro è senza dubbio la condizione “normale” delle persone incontrate ai CdA che da sempre determina l’entrata nella condizione di povertà ma pare che anche una condizione di occupazione di per sé non garantisca la tranquillità. Inaspettatamente risulta che molte persone che si rivolgono alla Caritas hanno un lavoro che però è precario. Spesso si tratta di poche ore al giorno o di attività in nero senza contratto.

I poveri nonostante un reddito, sono una quota consistente. Sono uomini, anche italiani e non più solo stranieri, che con il coraggio della disperazione superano la vergogna sociale di bussare alle porte della Caritas per chiedere eventuali “lavoretti” o prestazioni occasionali, il pagamento delle bollette del gas, luce e dei libri di scuola dei figli.

Una parte di donne immigrate dall’Est Europa che svolgevano l’attività di badantato è oggi a forte rischio povertà a causa della perdita del lavoro e della difficoltà a ricollocarsi perché le famiglie sempre più si auto-organizzano, avendo anch’esse perso il lavoro hanno più tempo per occuparsi dei propri cari non autosufficienti.

 

I SENZA TETTO

I dati a nostra disposizione contano 3.557 persone con un disagio abitativo spinto, numero che si avvicina di molto al dato campionario rilevato da ISTAT di 4.394 persone (dalla nostra rilevazione sono esclusi si territori di San Marino, Parma e Fidenza) definite senza fissa dimora. Possiamo quindi ragionevolmente affermare che il circuito Caritas probabilmente intercetta una quota molto rilevante dei SFD.

Evidenziamo tre fenomeni comuni rilevati dai CdA della regione: un aumento abbastanza sensibile del numero di donne senza una abitazione, un aumento di coloro che hanno una abitazione ma non riescono a sostenerne il costo e un aumento molto significativo di coloro che hanno subito un procedimento di sfratto.

 

CENTO, MILLE BISOGNI

I bisogni espressi sono quelli già conosciuti ossia la mancanza di lavoro, una abitazione inadeguata e povertà economica ma allo stesso tempo sono modificati a causa dell’incertezza, del disequilibrio, del disorientamento che incombono sulla persona e che aggravano la situazione. Le domande che ne seguono sono quindi stratificate in complessità, moltiplicate in quantità e mutate in qualità e conseguentemente le risposte dovrebbero essere date in modo il più integrato possibile.

Mettiamo in luce altri due elementi comuni che sono l’aumento delle richieste per bisogni primari come cibo, vestiti e servizi o beni legati al tema della salute e le situazioni debitorie delle famiglie.

Da più parti è descritta la fatica delle famiglie soprattutto a causa dell’aumento delle tensioni al suo interno, spesso causa di fratture e violenze sui membri più deboli “il perdurare della crisi mette a dura prova anche la stabilità sociale, in particolare quella familiare, dove le tensioni legate a motivi economici rischiano di aggravare i rapporti interpersonali, portando a conflitti interni o esterni anche gravi. Le famiglie che presentano difficoltà di relazione al proprio interno sono in costante aumento, mariti o mogli che vogliono lasciare il coniuge, figli poco più che maggiorenni che se ne vanno a vivere con amici, ma in tutti questi casi la situazione economica non permette l’autosufficienza e chi se ne va si trova presto in forti difficoltà o lascia in tali condizioni chi rimane.”

 

UNA CHIESA CHE ACCOMPAGNA

La parola più ricorrente nelle riflessioni di Papa Francesco sulla dottrina sociale già negli anni dell’episcopato a Buenos Aires, non a caso è “cercanía”, prossimità.

Il nostro Dio è un Dio che è vicino. Ed è curioso: ha guarito, ha fatto del bene. San Pietro lo dice chiaramente: “Egli passò facendo del bene e guarendo”. Gesù non ha fatto proselitismo, ha accompagnato. E le conversioni di cui era artefice sono state raggiunte proprio per quest’atteggiamento di accompagnare, insegnare, ascoltare, al punto che la sua condizione di uno che non fa proseliti lo porta a dire: “Se anche voi volete andarvene, andate ora, non perdete tempo avete parole di vita eterna, noi rimaniamo”.

La Caritas da sempre cerca di associare alla forma tradizionale di “riduzione del danno” – attraverso l’erogazione diretta di servizi e beni materiali – un percorso di accompagnamento personalizzato delle persone in difficoltà, avente lo scopo di avviare progetti di emancipazione e di uscita dalla situazione di povertà. Lo stile che continuiamo a proporre e quello che ci caratterizza è quello dell’accompagnamento. Per accompagnare una famiglia fuori dalla trappola della povertà occorre prenderla per mano. Solamente dentro un rapporto personale di fiducia, stabile e profondo, è possibile immaginare, con quella fantasia della carità di cui parlava Papa Giovanni Paolo II, delle modalità per le quali chi è povero riacquisti fiducia nelle proprie potenzialità e desiderio di rendersi autonomo. In un momento come questo è necessario che ci sia qualcuno capace di aiutare ad affrontare i problemi sollevati dalle persone che sappia sentire empatia, ascoltare in profondità l’altro, che riesca a coglierne le potenzialità e le debolezze, che avverta la sofferenza altrui senza giudicarla e possa così aiutarlo ad intravedere la scelta “migliore” a lui possibile.

Per questo nel Dossier sono presentate esperienze di prossimità della Chiesa verso le persone colpite dal sisma del 2012, verso le famiglie che vivono un momento di difficoltà dovuta alla crisi economica e verso le persone del Nord Africa accolte nelle nostre diocesi.

 

PROSPETTIVE

Viviamo in un periodo di crisi conclamata che per alcune persone e famiglie è realtà drammatica che toglie serenità e speranza.

La Caritas c’è! Vuole continuare ad essere accanto alle situazioni di difficoltà, non solo per dare un aiuto concreto e materiale a tante situazioni ma, soprattutto, per dare conforto e camminare insieme per incrementare la cura e valorizzazione della comunità con particolare attenzione a coloro che ne stanno fuori o che si trovano alle periferie.

Siamo anche consapevoli che dobbiamo fare i conti con i nostri limiti, renderci maggiormente coscienti che non possiamo risolvere i problemi di tutti. Dobbiamo chiedere con forza e decisione che chi deve fornire certi servizi lo faccia senza delegare o, alle volte, pretendere che “ci pensi la Caritas”!

Consapevoli che l’aumento della complessità delle situazioni non può essere risolto in modo autonomo e autoreferenziale e, ritenendo indispensabile il lavoro in rete e la collaborazione con tutti, non vogliamo subire deleghe o diventare specialisti di una cosa oppure di un’altra. E’ necessario un dialogo franco con le Istituzioni per chiedere diritti e interventi a favore dei più poveri e in difficoltà.

Una pista di lavoro per il futuro prossimo delle nostre Caritas è sicuramente il mettere al centro la famiglia come luogo generativo di prossimità. E’ necessario riconoscere che la vita delle famiglie e delle comunità cristiane non possono fermarsi alla prossimità ma “osare” nella logica della mutualità dove la regola è lo scambio nella reciprocità e nella gratuità.

In questo senso, chiediamo con forza (e di conseguenza dobbiamo impegnarci) di esserci nella fase di progettazione di interventi e politiche sociali a fianco delle Istituzioni, ripensando il servizio sociale in un’ottica comunitaria e ribadendo sempre la centralità della persona (tutta e non solo dei suoi bisogni). Disposti anche a cogestire servizi insieme ad attori diversi (pubblico, privato, privato sociale), sempre nella chiarezza delle identità e mandati diversi e impegnati a lavorare maggiormente sulle cause della povertà e di tante ingiustizie.

“L’amore — caritas — sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore.” (Deus Caritas Est al n. 28).