Il protrarsi della crisi, la sua durezza e l’accentuazione congiunturale sperimentata nel 2013 si riflettono sulla dinamica imprenditoriale in Emilia-Romagna. Alla conclusione dell’anno, le imprese registrate erano 468.318: ne mancano 4.531 dalla fine del 2012 (-1,0 per cento). E’ una caduta senza precedenti, anche rispetto al livello nazionale dove la riduzione è contenuta allo 0,5 per cento. Nel 2013, aumentano lievemente le iscrizioni, 29.228, ma salgono decisamente le cessazioni, 33.770. Questo è il quadro che emerge da una elaborazione dell’area studi di Unioncamere Emilia-Romagna su dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio sulla base di Movimprese, la rilevazione statistica condotta da InfoCamere.

Il dato delle imprese attive rende meglio l’effettiva capacità operativa della base imprenditoriale: a fine 2013, sono risultate 418.386, ossia 5.827 in meno rispetto al 2012. È la più pesante caduta mai registrata. Il raffronto rispetto alla fine di settembre, quindi al trimestre precedente, segnala 2.151 imprese in meno (-0,5 per cento).

I settori di attività economica che hanno maggiormente concorso a determinare la riduzione nel 2013 sono l’agricoltura, silvicoltura e pesca (-3.547 unità, -5,4 per cento), le costruzioni (-2.110 unità, -2,9 per cento) e le attività manifatturiere (-1.122 unità, -2,4 per cento).

Riguardo alla forma giuridica ed alle tipologie di impresa, sono aumentate quasi nella stessa misura le società di capitale (+793 unità, +1,0 per cento) e le cooperative e i consorzi (+782 unità, +8,2 per cento). Si sono ridotte le società di persone, di 1.191 unità (-1,4 per cento) e le ditte individuali, di 6.211 unità (-2,5 per cento), che hanno accusato un grave colpo.

Una chiave di lettura. La recessione colpisce le imprese delle costruzioni, della manifattura e accelera il declino di quelle agricole. Il crollo delle ditte individuali testimonia delle gravi difficoltà delle imprese meno strutturate, in particolare a causa del blocco assoluto nell’accesso al credito. Resta bassa la crescita delle società di capitali, perché anche le imprese più strutturate hanno difficoltà a sostenere la crisi e la mancanza di competitività del Paese. La struttura imprenditoriale tende a polarizzarsi: da un lato le imprese medio grandi strutturate, dall’altra un base più ristretta di piccole imprese con poche possibilità di crescere. Sono prevedibili di conseguenza ulteriori ricadute sociali.

Movimprese-E-R