scuola-insegnante“E’ giunto il tempo – anche se, scusate il gioco di parole, a tempo scaduto – che il Governo si assuma la responsabilità di una parola definitiva su questa vicenda”: la parlamentare modenese del Pd Manuela Ghizzoni, alla vigilia della manifestazione degli insegnanti in attesa, dal 2012, di andare in pensione, torna a sostenere le ragioni di chi, pur avendo maturato i requisiti richiesti, è rimasto impigliato in un errore della riforma previdenziale targata Fornero.«C’è grande attesa, nel mondo della scuola, per le decisioni che il Consiglio dei ministri assumerà domani. Non potrebbe essere diversamente, dati gli annunci di interventi su questioni fondamentali per il nostro sistema scolastico, quali la valorizzazione della professione docente, l’apprendimento per competenze e la lotta al precariato (che significa dare, al contempo, stabilità e serenità al docente e continuità didattica ai ragazzi). Obiettivi ambiziosi che – se opportunamente condivisi, programmati e raggiunti – potrebbero cambiare in meglio l’assetto del nostro sistema scolastico. Ma tra i tanti annunci degli ultimi giorni c’è un grande assente, potremmo definirlo ormai un convitato di pietra che accompagna, dal 2012, l’avvio di ogni anno scolastico: mi riferisco al pensionamento di quel personale della scuola rimasto impigliato in un errore della riforma previdenziale – riconosciuto come tale anche dalla ministra Fornero – e che, pertanto, non ha potuto esercitare il diritto alla quiescenza il 1 settembre 2012 (l’unico giorno in cui a scuola si può andare in pensione coincide con l’avvio del nuovo anno). Non ho consapevolmente usato la definizione di “Quota96Scuola” perché fuorviante: non si tratta di personale che chiede un “prepensionamento” (come un certo dibattito agostano e superficiale ha lasciato intendere) ma di lavoratori che avevano raggiunto i requisiti richiesti nel corso dell’anno scolastico 2011/2012! Nessun accenno a questa delicata questione tra le dichiarazioni della ministra Giannini e del premier Renzi, sebbene essa abbia tenuto banco nell’ultima settimana di attività parlamentare data l’approvazione, alla Camera, di un emendamento risolutivo nell’ambito del DL Madia, poi cancellato durante l’esame al Senato. In quell’occasione il Governo è stato risoluto nell’esercitare tale stralcio, ma non ne ha dato una valida giustificazione, limitandosi a rivendicarne la responsabilità, com’è ovvio che sia. La questione dell’assenza di risorse, infatti, non è sufficiente, essendo più politica che sostanziale, poiché l’emendamento aveva come copertura finanziaria la medesima che sorreggeva l’intero decreto PA. E’ giunto il tempo – anche se, scusate il gioco di parole, a tempo scaduto – che il Governo si assuma la responsabilità di una parola definitiva su questa vicenda. E’ già stato mancato l’appuntamento con il DL Madia che, volendo ringiovanire il personale della PA per affrontare le sfide di una amministrazione al servizio dei cittadini con nuove competenze e maggiori motivazioni, era la sede “naturale” per dare risposta a questi lavoratori della scuola anche perché, lo ricordo ancora una volta, il personale scolastico italiano è il più anziano di Europa per età media. Ora, si vuole mancare l’appuntamento anche con l’annunciata riforma della scuola? Una scelta incomprensibile, soprattutto se al centro dei provvedimenti governativi ci stanno la valorizzazione dei docenti e la lotta al precariato. Se a 4000, tra docenti e Ata, fosse finalmente garantita l’esigibilità di un diritto “tradito” quale quello della pensione, è evidente che a 4000 giovani in attesa si darebbe la possibilità di entrare nella scuola. Solo così 2+2 farà 4. Domani, a Roma, si svolgerà una manifestazione in favore del pensionamento (e non “prepensionamento”) di questi lavoratori: esprimo convinto sostegno a questa iniziativa, nella speranza che possa essere l’ultima. Speranza che si associa a quella che il Consiglio dei ministri assuma, domani, la soluzione al problema da troppo tempo attesa».