La Garante regionale delle persone private della libertà personale, Desi Bruno, si è recata lunedì 20 ottobre alla Casa circondariale di Modena, accompagnata dalla direttrice, Rosa Alba Casella, e dal comandante del reparto della Polizia penitenziaria, Mauro Pellegrino: la visita è stata l’occasione per verificare il primo caso in regione di ‘regime aperto’, cioè la possibilità per i detenuti di frequentare sei ore al giorno ambienti completamente separati da quelli delle camere di pernottamento.Bruno si è inoltre premurata di verificare la situazione sanitaria dell’istituto, dopo recenti notizie di stampa che riferivano di presunti casi di tubercolosi: come risulta anche dall’ultimo verbale dell’Asl locale, redatto il 19 settembre 2014, a fronte di 93 positività su 251 test di Mantoux, “i successivi accertamenti radiologici hanno sempre escluso la malattia tubercolare attiva”. L’Azienda sanitaria, riferisce la Garante, ha già suggerito alla direzione della struttura di “porre particolare attenzione al rischio di malattie infettive per gli agenti di Polizia penitenziaria e per il personale dell’amministrazione attraverso gli interventi di educazione sanitaria, lo screening delle malattie infettive, con particolare riferimento alla tubercolosi, e l’offerta di vaccinazioni”.

In merito alla popolazione carceraria, in linea con i dati regionali non si sono ravvisati profili di sovraffollamento: 380 i detenuti presenti, di cui 26 donne; 127 i  tossicodipendenti; 234 gli stranieri. Si registra attualmente una forte caratterizzazione in termini di presenza di detenuti autori di reati sessuali (sex-offenders), per cui però mancano puntuali progetti terapeutici atti a prevenire il rischio di recidiva.  Sono 239 i condannati in via definitiva, 76 quelli in attesa di primo giudizio, 27 gli appellanti e 38 i ricorrenti; 19 gli ammessi al lavoro all’esterno, 6 i semiliberi, 1 semidetenuto. Come riferisce Bruno, è compiutamente in atto la separazione degli imputati dai condannati. Contrariamente al progetto originario, nel nuovo padiglione sono collocati coloro che non hanno una posizione giuridica definita, attualmente 150: inizialmente era destinato alle persone condannate in via definitiva con cinque anni da espiare, anche tossicodipendenti, che non avessero possibilità di accedere alle misure alternative.

Le sezioni risultano tutte “aperte”, anche nella vecchia struttura, con i detenuti che passano più di otto ore al giorno fuori dalla cella. La misura riguarda anche gli autori di reati sessuali, ora tutti collocati esclusivamente nello stesso ambiente. Da ieri nella parte vecchia della struttura è poi operativo, e si tratta del primo caso in Regione, il cosiddetto regime aperto per circa 50 detenuti, destinati in seguito a diventare 100, selezionati dalla direzione fra coloro che hanno un grado di pericolosità di lieve significatività: trascorrono quotidianamente sei ore in appositi ambienti comuni organizzati per la socializzazione e per la frequentazione dei corsi scolastici, separati da quelli in cui ci sono le camere di pernottamento. Al momento le uniche attività previste, oltre alla scuola, sono grazie al contributo del volontariato. Sono coinvolti detenuti che non hanno commesso reati che hanno comportato violenza o minaccia alle persone, che non sono affiliati ad associazioni a delinquere e che hanno serbato condotte regolari.

Grande parte della visita è stata dedicata ai colloqui con le persone detenute, durante i quali sono state sollevate, oltre alle singole vicende, anche diverse problematiche di carattere generale. Tra queste le più frequenti sono state il razionamento dell’utilizzo dell’acqua, i prezzi particolarmente elevati per alcuni generi alimentari del sopravvitto e il mancato rispetto del principio di territorialità della pena, con molti detenuti che non sono nell’istituto penitenziario più vicino alla propria famiglia: in tal senso è stata consegnata alla Garante una lettera collettiva, da trasmettere al Provveditorato regionale, in cui un gruppo di detenuti avanza istanza di trasferimento verso altre sedi penitenziarie, in particolare nel territorio dell’Emilia-Romagna. Resta poi sempre la criticità relativa al potenziamento del progetto relativo all’offerta trattamentale, con particolare riguardo alle attività lavorative. I detenuti, analogamente a quanto manifestato dagli internati di Castelfranco Emilia nelle settimane scorse, hanno inoltre espresso forte disagio e preoccupazione in relazione alla perdurante vacanza del magistrato di sorveglianza di Modena che ha competenza territoriale sulla struttura, il cui ruolo è temporaneamente affidato, in supplenza, ad altri magistrati di sorveglianza. La mancanza o la supplenza del magistrato possono infatti determinare, e in alcuni casi si è già verificato, il blocco dell’attività ordinaria di esame delle istanze presentate dai detenuti e dagli internati, con conseguente interruzione dei percorsi trattamentali esterni.  L’Ufficio del Garante regionale, nel corso dell’estate, aveva già rappresentato la questione al ministero della Giustizia, al Consiglio superiore della magistratura e ai parlamentari eletti in Emilia-Romagna, e di recente si è avuta conferma che la criticità è all’attenzione del ministero.