Marzocchi-Martini-UrbelliSono oltre 2.800 le donne che, nei primi dieci mesi del 2014, si sono rivolte a una Casa o a un Centro antiviolenza del coordinamento dell’Emilia-Romagna. Quasi 2.600, il 92%, hanno subito una violenza fisica, psicologica, sessuale o economica. Nella maggior parte dei casi sono di nazionalità italiana, sposate o conviventi, con una scolarità medio alta, hanno figli che, nella metà dei casi, a loro volta hanno subito direttamente o assistito a violenze. Sono, in estrema sintesi, i dati raccolti dall’Assessorato regionale alle Politiche sociali che testimoniamo la drammatica attualità della violenza di genere, ma allo stesso tempo confermano l’impegno messo in campo dalla Regione che da anni lavora per il contrasto e la prevenzione della violenza contro donne e minori, promuovendo la creazione di reti territoriali che garantiscono l’accoglienza delle vittime.

Dati e attività regionali sono stati presentati nel corso del convegno “La responsabilità del cambiamento. Le esperienze dei centri per uomini che usano violenza contro le donne” tenutosi oggi, 27 novembre, a Modena e che sarà replicato domani a Parma. Due momenti di riflessione e approfondimento promossi, in occasione della giornata mondiale contro la violenza alle donne, dall’assessorato alle Politiche sociali della Regione Emilia-Romagna per un bilancio dell’attività svolta e per la promozione di nuove sperimentazioni e iniziative per il rafforzamento del contrasto alla violenza maschile.

Da anni la Regione lavora in forma integrata con il territorio per il contrasto e la prevenzione della violenza contro donne e minori, per abbattere gli stereotipi e per favorire una cultura del rispetto, dell’autonomia e della dignità, promuovendo al tempo stesso la creazione di reti territoriali realizzate dai soggetti pubblici e privati, in modo da garantire l’accoglienza delle vittime di violenza. Presenti in regione fin dagli anni Novanta, oggi sono tredici i Centri riuniti nel Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia-Romagna (vedi scheda di approfondimento). La Regione ha un centro antiviolenza in ogni capoluogo, per la gran parte gestiti da associazioni di donne. In quattro comuni sono altresì presenti servizi o sportelli dedicati per donne che subiscono violenza, gestiti da soggetti pubblici. Qui le donne in difficoltà trovano risposte concrete alle loro domande di aiuto, anche in situazione di emergenza. I centri svolgono inoltre attività di prevenzione e di studio del fenomeno della violenza, oltre che di sensibilizzazione e di promozione di una cultura di rispetto tra i generi.
A ulteriore integrazione e completamento della rete di accoglienza delle vittime di violenza e degli interventi per la prevenzione, dal 2011, la Regione Emilia-Romagna sostiene progetti di trattamento di uomini che usano comportamenti violenti. L’obiettivo è intervenire sulla cultura degli uomini e lavorare per far loro acquisire la consapevolezza che la violenza è un problema. I centri per uomini maltrattanti sono 14 in tutta Italia di cui tre già attivi e uno di prossima apertura in Emilia-Romagna. A Modena è attivo da tre anni il centro “Liberiamoci dalla Violenza”, il primo esempio in Italia di struttura pubblica dedicata al trattamento di uomini autori di maltrattamenti (vedi scheda di approfondimento). E’ gestito direttamente dall’Azienda Usl di Modena, cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna, ad accesso completamente gratuito. L’obiettivo innovativo della struttura è riuscire a intervenire sui comportamenti degli autori dei maltrattamenti, andando ad affiancare i servizi già esistenti per la primaria protezione delle vittime delle violenze domestiche. Al suo interno lavorano tre psicologi con il coordinamento di una sociologa. Dall’apertura al 31 ottobre 2014 il centro è stato contattato da 423  persone (147 uomini per avere informazioni o per richiedere un appuntamento), 60 donne (che hanno chiesto informazioni per inviare compagni o mariti), 216  persone a vario titolo interessate sull’argomento (professionisti dei servizi,  giornalisti, studenti universitari, avvocati, cittadini).

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Teresa Marzocchi, assessore alle Politiche sociali Regione Emilia-Romagna

Di fronte a un problema drammatico come quello della violenza di genere è giusto fermarsi a riflettere, come stiamo facendo oggi. Ma le istituzioni devono anche dare risposte concrete, rafforzando innanzitutto, in una visione di welfare di comunità, l’integrazione con il privato sociale e con i servizi sul territorio. L’impegno della Regione Emilia-Romagna si esplicita sia sul piano legislativo, con la recente legge regionale per la parità e contro le discriminazioni di genere, che su quello finanziario. Oltre ai finanziamenti statali (1.200.000 euro assegnati agli Enti Locali) destinati ai servizi di accoglienza delle donne vittime di violenza gestiti da case e centri antiviolenza, la Regione ha messo a disposizione per il 2014 ulteriori risorse (500.000 euro) per la formazione e per attività di sensibilizzazione. Un obiettivo questo che rappresenta il filo conduttore delle Linee di indirizzo regionali per l’accoglienza di donne vittime di violenza approvate nel 2013 e frutto di un percorso partecipato e condiviso. Perché solo un profondo cambiamento culturale basato sul riconoscimento del valore della persona e sul rispetto reciproco, potrà fermare la violenza.

 

Giuliana Urbelli, Assessore coesione sociale, sanità, welfare, integrazione e cittadinanza Comune di Modena

L’amministrazione comunale è da tempo impegnata a fianco a servizi sanitari, forze dell’ordine e associazioni di volontariato per il sostegno e l’accoglienza delle donne vittime di violenza. Passi importanti sono stati fatti, a partire dal protocollo operativo che dal 2007 stabilisce a livello distrettuale compiti e modalità di intervento dei soggetti coinvolti nell’aiuto alle vittime. Ma ancora non basta. Continueremo a dedicare risorse per consolidare la rete di supporto realizzata da operatori e volontari qualificati a cui la donna si possa rivolgere in qualsiasi momento per essere rafforzata nel  tentativo di sottrarsi alla violenza che il più delle volte le viene usata nell’ambito familiare. La violenza di genere, dai numeri riportati anche oggi (nel 2013 sono stati oltre 800, in media due al giorno i casi di maltrattamenti accertati presso i pronto soccorso provinciali), assume la dimensione di un problema di salute pubblica: deve quindi essere affrontato con un’opportuna azione di prevenzione, a partire dagli uomini, creando le condizioni culturali di riconoscimento della dignità  delle donne e di rifiuto della violenza indispensabili per prevenire e ridurre il fenomeno. In quest’ottica l’esperienza modenese del Centro “Liberiamoci dalla Violenza” si dimostra particolarmente all’avanguardia.

 

Mariella Martini, direttore generale Azienda USL Modena

Il contrasto alla violenza domestica, l’assistenza alle donne che hanno subito violenza e ai bambini che l’assistono sono obiettivi prioritari di salute. La nostra esperienza sulla violenza di genere, come azienda sanitaria provinciale e in tutte le articolazioni distrettuali, era già ampia con percorsi assistenziali e di prevenzione integrati con tutte le Istituzioni coinvolte – Enti locali, Prefettura, Scuole, Forze dell’ordine, Tribunale, Associazioni di volontariato, Università – con le quali abbiamo condiviso protocolli, strumenti informativi, strumenti di lavoro e la formazione congiunta dei professionisti. Un’esperienza significativa, ma tutta incentrata sulla donna vittima della violenza per la quale abbiamo prodotto percorsi assistenziali. Ci siamo però anche resi conto che di fronte a un fenomeno così complesso occorre anche affrontare percorsi innovativi. Da qui è nata l’esigenza di pensare a proposte di assistenza per gli uomini che agiscono violenza, di ipotizzare vie di uscita al comportamento maltrattante. A tre anni dalla sua nascita, grazie ai positivi risultati raggiunti, il Centro “Liberiamoci dalla Violenza” è la dimostrazione concreta che il servizio pubblico può diventare un importantissimo punto di riferimento e che il cambiamento è possibile se accompagnato e supportato da una presa di coscienza del problema e da un’assunzione di responsabilità da parte dell’uomo.

 

Immagine, da sx: Marzocchi, Martini, Urbelli