L’enorme percentuale di astensione dal voto che ha caratterizzato le recenti elezioni emiliano-romagnole impone al neo-eletto Presidente di muoversi rapidamente sulla base di un programma di interventi davvero all’altezza della grave crisi economica e sociale che attraversa da molti anni anche la nostra Regione.

Quel voto attesta soprattutto che è a rischio la coesione sociale, ovvero uno dei punti di forza che ha caratterizzato per decenni il modello di sviluppo della nostra Regione.

Per questo la Cgil dell’Emilia-Romagna ha giudicato importante, e positivo, che sin dalla campagna elettorale Stefano Bonaccini abbia più volte ribadito la volontà di allacciare un forte dialogo con le parti sociali e in particolare di porsi l’obiettivo di un nuovo “patto per il lavoro”.

La Cgil è pronta a cogliere questa sfida, che riecheggia del resto il tema del “piano del lavoro”, da tempo – anche nazionalmente – al centro della sua strategia di uscita dalla crisi.

I principali indicatori economici regionali, pur restando un po’ migliori rispetto a quelli nazionali, denunciano un aggravamento della situazione.

In particolare, le ultime stime relative al 2014 prevedono ancora in calo il tasso di occupazione, mentre il tasso di disoccupazione dovrebbe registrare un ulteriore lieve aggiustamento al rialzo dopo il salto che nel 2013 l’ha portato al 8,5%.

E’ evidente dunque che anche a livello regionale è centrale il tema della crescita e in particolare della creazione di nuovi posti di lavoro.

Inoltre, uno dei dati più preoccupanti è, anche in Emilia-R., la caduta del volume degli investimenti fissi lordi, che hanno subito un taglio, rispetto al periodo ante-crisi, di quasi il 20%.

E’ giunta in questi giorni a conclusione un’approfondita ricerca avviata quasi un anno fa da Ires (Istituto Ricerche Economico Sociali della Cgil ER) e riguardante i principali progetti di investimento in corso di realizzazione, ovvero di imminente avvio, sul territorio regionale. Una ricerca che si è avvalsa di vari canali informativi, tra i quali diverse decine di interviste a “testimoni eccellenti”, in grado, per il ruolo ricoperto, di fornire indicazioni utili alla ricerca.

I 125 progetti di investimento così selezionati generano risorse economiche complessive pari a 17,6 Miliardi di euro, di cui 7,8  Miliardi di risorse pubbliche e 9,8 Miliardi di risorse private.

Ires ha stimato che questi investimenti saranno in grado, nei prossimi 5 anni, di generare un beneficio occupazionale pari a 61.602 occupati per anno. Circa la metà, cioè, dei 118.200 posti di lavoro che sarebbero necessari ad oggi per tornare allo stesso tasso di occupazione del periodo antecedente la crisi (dato 2007). Senza tener ovviamente conto delle ulteriori perdite di posti di lavoro che contestualmente potrebbero esserci nei prossimi anni.

L’analisi condotta ha evidenziato inoltre una serie di punti critici che meritano, a giudizio di Ires, la massima attenzione del governo regionale e che costituiscono contemporaneamente le tracce per un possibile patto per il lavoro in grado di innovare gli assetti economico-sociali della Regione e insieme di rilanciare l’occupazione.

 

1. PROMUOVERE E DIFFONDERE L’INNOVAZIONE.
NECESSARIE NUOVE SPECIALIZZAZIONI PRODUTTIVE

Il sistema economico regionale presenta una capacità calante di rispondere alle sollecitazioni derivanti dalla domanda e dagli investimenti. In larga misura ciò deriva da un’insufficiente capacità di innovazione tecnologica ed organizzativa soprattutto delle piccole imprese, che ha impedito loro di mantenere il livello di competitività necessario per affrontare la crisi.

Questo chiama in causa l’efficacia delle politiche per l’innovazione, in particolare l’ancora insufficiente diffusione dell’innovazione, e la trasformazione della specializzazione produttiva regionale in settori a più alto tasso di crescita.

Benché gli indirizzi strategici regionali indichino giustamente questa direzione di marcia,  i tecnopoli non sembrano in grado di reggere da soli l’impatto della necessità di innovazione, mentre i grandi settori di innovazione (welfare e salute, territorio e ambiente, ICT e biotecnologie) restano non adeguatamente presidiati nei progetti di investimento analizzati.

 

2. RILANCIARE GLI INVESTIMENTI NEL WELFARE E NEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

Avanza un processo di terziarizzazione dell’economia, molto evidente specie nei dati del mercato del lavoro, ma con risultati comunque modesti in termini di quantità, valore e qualità dell’occupazione. Per questo è condivisibile l’enfasi con la quale i documenti di indirizzo della Regione esaltano il ruolo dei settori del welfare e dei servizi pubblici locali per una crescita non solo della competitività di sistema, ma anche della capacità di produzione, di reddito e occupazione. E’ indispensabile però che su questo punto l’attenzione rimanga sempre alta.

 

3. METTERE IN SICUREZZA IL TERRITORIO. MANUTENERE E RIQUALIFICARE IL PATRIMONIO AMBIENTALE E CULTURALE

Restano insufficienti gli investimenti sulla manutenzione del territorio. I diversi investimenti riguardanti il sistema delle infrastrutture viarie sono “estensivi”, a forte consumo di suolo e a basso contenuto innovativo, pensati ed elaborati diversi anni fa, quando le prospettive economiche erano ben lontane da quelle attuali. Viceversa, i cambiamenti climatici e gli eventi catastrofici che sempre più di frequente colpiscono il territorio regionale, richiederebbero un impegno molto superiore sulla manutenzione del territorio. Il risultato è che si ricorre ad investimenti di carattere straordinario i cui effetti occupazionali sono necessariamente temporanei, invece di puntare su attività ordinarie, i cui effetti occupazionali sarebbero invece più stabili nel tempo.

 

4. RAFFORZARE IL GOVERNO REGIONALE DEGLI INVESTIMENTI INFRASTRUTTURALI

Occorre un nuovo efficace quadro programmatorio regionale degli investimenti infrastrutturali, in assenza del quale tutte le infrastrutture territoriali (aeroporti, interporti, porti, e poli logistici) sono soggette ad un alto rischio di sostenibilità economica. I singoli territori, comuni e aree vaste, finiscono così col farsi carico di azioni di programmazione che travalicano abbondantemente le loro competenze e prerogative.

 

5. INVESTIRE DI PIU’ SULLE RETI

E’ necessario prestare maggiore attenzione al settore delle reti materiali e immateriali. Le infrastrutture dell’informazione, le reti della banda ultralarga, le infrastrutture di sostegno alla qualità della vita, le reti di approvvigionamento energetico e le reti per il risparmio energetico e per la riqualificazione ambientale costituiscono i temi chiave della competitività del sistema produttivo regionale. Invece tra gli investimenti analizzati esistono solo sporadici interventi su questo argomento.

 

6. CONSOLIDARE IL RUOLO PROGRAMMATORIO REGIONALE E GLI ASSETTI ISTITUZIONALI

I programmi di investimento analizzati evidenziano una grande eterogeneità territoriale. I decision makers locali ragionano delle prospettive di sviluppo dei propri territori in modo indipendente l’uno dall’altro. La capacità di gestione delle dinamiche locali da parte della Regione appare indebolita e l’assenza di un quadro istituzionale certo e consolidato è un elemento di ulteriore rischio sulla strada dell’efficacia delle politiche e delle strategie di rilancio dell’occupazione in Regione.