Quanto emerso dall’indagine coordinata dalla Procura Distrettuale Antimafia di Bologna, con oltre 160 arresti, dei quali 117 in Emilia Romagna, desta grandissima preoccupazione. Si tratta di un’indagine molto rilevante, per la quale esprimiamo un plauso all’azione della Procura Distrettuale Antimafia, della Magistratura e delle Forze dell’ordine.

Siamo di fronte alla conferma della gravità di un fenomeno, quello delle infiltrazioni della criminalità organizzata di origine mafiosa nell’economia legale (‘Ndrangheta in particolare), che purtroppo rappresenta una realtà consolidata in questa regione e che più volte abbiamo denunciato. Ma emerge anche una precisa caratteristica della criminalità mafiosa che si è insediata in Emilia Romagna: quella di una “mafia imprenditrice”, come ha indicato il Procuratore di Bologna.

Noi sappiamo cosa questo significa dal lato del lavoro: è in questa tipologia di imprese che normalmente si annidano le forme peggiori di sfruttamento, di negazione dei diritti, le più inaccettabili condizioni di lavoro. E fa riflettere il fatto che il Governo, con il Jobs Act e con la Legge di Stabilità, ha previsto una serie di incentivi a pioggia che non solo non fanno filtro rispetto alle aziende irregolari, ma fanno si che a beneficiarne siano anche imprese nelle mani della criminalità organizzata.

L’attività di repressione è fondamentale e va sostenuta, ma nello stesso tempo serve una intensificazione dell’azione di prevenzione, che deve vedere coinvolte le Istituzioni di questa regione insieme alle parti sociali e alle forme associative impegnate nella lotta alle mafie.

Molto si è fatto per quanto attiene la ricostruzione post terremoto del 2012, a partire dal Protocollo sottoscritto un mese dopo quegli eventi, dal quale sono scaturite Ordinanze del Commissario, e altri atti, che sono comunque risultati fondamentali per tentare di arginare le infiltrazioni nella ricostruzione. Tuttavia questo non ha impedito il verificarsi di situazioni come quelle che sono al centro delle indagini. Ciò sta a significare che con la Regione e con il nuovo Commissario Delegato per la ricostruzione è necessario una ulteriore messa a punto e verifica del funzionamento di quei provvedimenti.

Ma insieme alla Regione, che pure nella scorsa legislatura ha approvato provvedimenti importanti, prendendo positivamente atto di alcune affermazioni contenute nella dichiarazione programmatica di Bonaccini, vogliamo provare a raccogliere un’ulteriore sfida: quella di far si che il che il “Patto per il lavoro” proposto dal nuovo Presidente divenga anche una “Patto per la Legalità”. La discussione politica deve fare un salto di qualità anche riguardo a quale modello di sviluppo economico e sociale, valori etici e diritti fondamentali vogliamo affermare, soprattutto in questa regione.

Diversi i punti che richiederanno di essere affrontati: quello degli appalti (dicendo un no definitivo al massimo ribasso) e della estesa e purtroppo incontrollata filiera dei subappalti; il tema dell’anticorruzione (la legge 190/2012 è ampiamente disattesa anche in questa regione); la questione dei beni sequestrati e confiscati alle mafie (l’Emilia Romagna è schizzata in alto nelle classifiche sui beni sequestrati e confiscati).
A questo proposito, ribadiamo che la Cgil è impegnata a livello nazionale in una campagna di raccolta firme per la proposta di legge di iniziativa popolare “Gli appalti sono il nostro lavoro, i diritti non sono in appalto”.

Insieme a Libera e alle altre Organizzazioni Sindacali stiamo disegnando il percorso di avvicinamento al 21 marzo 2015 (XX Giornata della Memoria e dell’Impegno per le vittime innocenti delle mafie), che quest’anno si terrà a Bologna. Le risultanze dell’inchiesta odierna rappresentano un ulteriore stimolo a far si che questa regione rifletta su un una cancrena che, se non rapidamente arginata, può risultare devastante per il tessuto sociale ed economico. E’ su questo terreno che abbiamo bisogno di tutti: associazioni imprenditoriali, organizzazioni sindacali, istituzioni, forze politiche, dell’associazionismo e anche un civismo e una cultura della legalità diffusa.