“I dati e i fatti sono trasparenti e non consentono illazioni né sui comportamenti degli amministratori e degli uffici, né sulle imprese coinvolte”. Lo ha affermato l’assessora al Bilancio, Finanze e Tributi del Comune di Modena Ludovica Ferrari rispondendo, durante la seduta consiliare di giovedì 11 giugno, a un’interrogazione del consigliere di Forza Italia Giovanni Pellacani che chiedeva quali delle imprese che hanno contribuito alla campagna elettorale del sindaco svolgano, o abbiano svolto, attività per il Comune negli ultimi cinque anni.

Come ha spiegato l’assessora, “le aziende che hanno finanziato la campagna elettorale del sindaco Muzzarelli, in modo del tutto legale, sono state 15: di queste, otto non hanno alcun contratto ultimato o in essere con il Comune di Modena. I finanziamenti concessi dalle altre sette aziende ammontano a 27.500 euro, pari al 36 per cento dei contributi raccolti dal candidato Muzzarelli. I contratti ultimati o in essere fra le sette aziende in questione e il Comune di Modena sono 26 e sono stati assegnati attraverso procedure normate, con adeguata pubblicizzazione di gara, con affidamenti in convenzioni Consip o con procedure negoziate a inviti (con l’invio di almeno cinque lettere d’invito come previsto dalla legge per queste specifiche tipologie di aggiudicazione)”. Di questi contratti, due (che interessano la Cpl di Concordia) sono stati assegnati tramite convenzione Consip; venti sono stati assegnati prima della elezione del sindaco Muzzarelli, tra il 2009 e il 2013; in nove casi le aziende sono organizzate in raggruppamenti temporanei d’impresa e dunque si sono aggiudicate i lavori insieme ad altre.

Rispondendo alla domanda posta dal consigliere, “se il Comune non ritenga opportuno, per evitare conflitti di interesse, introdurre nel regolamento degli appalti come causa di esclusione l’aver finanziato la campagna elettorale di chi governa”, l’assessora ha spiegato che le cause di esclusione per la partecipazione agli appalti sono definite in modo tassativo dal codice dei contratti pubblici e dal successivo regolamento di attuazione e non possono essere disciplinate diversamente dai regolamenti comunali. Il codice infatti elenca i casi in cui la stazione appaltante può escludere i concorrenti ed esplicita chiaramente che i Comuni non possono prevedere ulteriori cause di esclusione perché verrebbero annullate.

“Non voglio entrare nel merito della questione del finanziamento pubblico ai partiti – ha concluso l’assessora – ma la riforma ne prevede il superamento e, totale o parziale che sia, la direzione è quella del finanziamento privato della politica che però non può basarsi sulla cultura del sospetto che è totalmente da respingere”.

 

GLI INTERVENTI IN CONSIGLIO

Chiesta la trasformazione in interpellanza. Finanziamento pubblico tra i temi discussi

Chiesta la trasformazione in interpellanza, Paolo Trande (Pd) ha osservato che “il tema dei conflitti di interessere è diventato sempre più rilevante anche a causa della progressiva diminuzione del finanziamento pubblico ai partiti. Forse, dopo le ultime performance dei partiti, non c’erano altre possibilità, ma credo che abbiamo tutti ecceduto in populismo e che avremmo dovuto provare a salvare almeno una fetta del finanziamento pubblico, previsto dalla Costituzione e che permette ai partiti di lavorare”. Mario Bussetti (M5s) ha sottolineato che “è legittimo finanziare i candidati ma se poi a chi ha versato i contributi torna qualcosa in cambio, è legittimo anche che nascano sospetti e che la fiducia dei cittadini diminuisca. La legalità è la base, ma non è sufficiente, esiste anche un tema di opportunità che va oltre”. Per Antonio Montanini (CambiaModena) “se i contributi a un candidato arrivano soprattutto da soggetti che operano negli appalti pubblici, è naturale che poi questi abbiano aspettative di riconoscenza. Bisogna darsi una regola deontologica e valutare se non sia opportuno accettare finanziamenti solo da chi non ha nulla a che fare con le gare pubbliche “.

In risposta l’assessora Ferrari ha contestato che si faccia apparire come normale che ai finanziamenti debba corrispondere una contropartita, affermando che se ci sono sospetti bisogna rivolgersi all’autorità giudiziaria.

Aprendo l’intervento di replica il consigliere Pellacani ha sottolineato che “non c’era alcun dubbio sulla legittimità dell’operato del sindaco. L’interrogazione voleva porre, anche in prospettiva, un problema politico: bandi, gare e affidamenti sono un buon filtro ma non una garanzia di assoluta trasparenza e legittimità dell’operato. E lo dimostra la situazione che ci portiamo dietro da decenni di una commistione tra mondo politico e degli affari, dimostrato da molti episodi. Concordo quindi sul fatto che il finanziamento pubblico non vada abolito e mi auguro che per il futuro riusciamo a trovare il modo di sgretolare il connubio tra affari e politica”.