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Dalle prime ore di oggi a Brescello, i Carabinieri del Comando Provinciale e gli ufficiali giudiziari di Reggio Emilia, hanno iniziato le attività finalizzate a notificare il Decreto di “confisca di prevenzione antimafia” emesso dal Tribunale di Reggio Emilia dei beni già sequestrati alla cosca GRANDE ARACRI. I militari stanno dando inoltre esecuzione ad un nuovo provvedimento di sequestro preventivo di beni, per un corrispondente valore di circa mezzo milione di euro, che colpisce il pregiudicato già condannato con sentenza definitiva passata in giudicato per associazione di stampo mafioso G.A.F., 59enne residente a Brescello (RE) ed indirettamente la omonima cosca di ‘ndrangheta capeggiata dal fratello Nicolino, in atto detenuto.

La confisca ed il sequestro odierno seguono le misure eseguite l’8 novembre 2013, primo provvedimento disposto in Emilia Romagna, nonché tra i primi nel Nord Italia di provvedimento patrimoniale preventivo anticipato ai sensi dell’art. 22 del D.lvo 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione). Gli ulteriori sequestri odierni – a firma del collegio presieduto dal Presidente del Tribunale di Reggio Emilia Dott. Francesco CARUSO – sono conseguenza di un’ulteriore richiesta avanzata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bologna (Pubblico Ministero Dr. Marco Mescolini), sulla scorta delle nuove risultanze emerse durante le diverse udienze dibattimentali svoltesi in relazione al sequestro del 2013, supportate da oggettivi riscontri eseguiti dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Emilia. Sotto il vincolo del sequestro, questa volta sono finiti un’azienda per la lavorazione del marmo ubicata nella medesima area  già sottoposta a sequestro, intestata a G.A.P. e P.C., figlio e nuora di G.A.F., quest’ultima moglie dell’altro figlio S., nonché un’abitazione ed un’autorimessa intestate alla figlia R..

La nuova attività di contrasto si affianca alla sorveglianza speciale, richiesta a carico di G.A.F. dall’Arma e dalla DDA di Bologna, confermata nel novembre 2014 dalla Corte di Appello felsinea.

La pericolosità e la penetrazione della cosca cutrese in Emilia è stata recentemente richiamata dall’operazione dell’Arma e DDA bolognese “Aemilia” che coinvolge centinaia di indagati dei quali oltre 60 per associazione mafiosa, nella quale viene richiamata e ne compone il castello accusatorio l’indagine “Edilpiovra” dei Carabinieri di Reggio Emilia, svolta tra il 2001 ed il 2003 per la quale G.A.F. venne condannato nel 2008, con sentenza definitiva, a 3 anni e 6 mesi per il reato di partecipazione, con ruolo sovraordinato ad associazione di stampo mafioso.

Sono già stati attivati i canali formali con la Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata per la parte di competenza relativa alla prosecuzione della gestione ed eventuale destinazione. La sede competente per l’Emilia Romagna è quella di Roma.

Contestualmente, presso il medesimo municipio di Brescello,  proseguono alacremente i lavori della commissione di indagine (ex art. 143 D.Lgs.vo 267/2000),  della quale fa parte anche un Ufficiale dell’Arma, nominata dal Prefetto di Reggio Emilia delegato dal Ministro dell’Interno nel mese di maggio 2015, al fine di verificare il condizionamento della cosca GRANDE ARACRI all’interno di quella amministrazione. Anche in questo caso l’accertamento è originato da una relazione informativa del locale Comando Provinciale Carabinieri richiesta dallo stesso Prefetto Raffaele Ruberto, al quale viene fornita la massima collaborazione per lo svolgimento dei relativi adempimenti.

L’applicazione della confisca e della nuova misura patrimoniale antimafia, avvalora ulteriormente la pervasività della ‘ndrangheta nel contesto reggiano e  conferma l’incessante lavoro dell’Arma e della magistratura emiliana.