inseguimento-reggioNel pomeriggio dello scorso 20 febbraio, verso le ore 16.00, un equipaggio del reparto prevenzione crimine “Emilia Occidentale”, in servizio di controllo del territorio su via Emilia Est nel comune di Parma, intimava l’alt ad una autovettura SEAT Leon color blu con due individui a bordo. Il conducente, che in un primo momento accennava ad accostare per fermarsi, si dava alla fuga per alcuni chilometri lungo le vie cittadine ponendo in essere numerose manovre pericolose per l’incolumità dei passanti e degli automobilisti. In particolare, in due occasioni, l’autovettura in fuga, raggiunta dall’auto della Polizia, speronava quest’ultima.

Giunti all’altezza della rotonda posta su via Emilio Lepido, in prossimità dell’imbocco della tangenziale, l’autovettura in fuga si trovava di fronte l’equipaggio dell’R.P.C. il cui autista, sceso dall’auto impugnando la pistola d’ordinanza, tentava invano di intimare l’alt ma era costretto a buttarsi per terra per evitare di essere travolto.

L’equipaggio del Reparto Prevenzione Crimine riprendeva l’inseguimento ma, causa una manovra azzardata del conducente di una autovettura in transito, l’autista perdeva il controllo del mezzo che si ribaltava in via Emilio Lepido. I tre operatori di Polizia venivano immediatamente soccorsi e trasportati presso il locale nosocomio dove venivano diagnosticate loro lesioni guaribili in un tempo superiore ai quaranta giorni.

L’autovettura in fuga veniva successivamente individuata da parte di un equipaggio della Squadra Mobile in  via Piccinini, parcheggiata in malo modo su un marciapiedi e regolarmente chiusa a chiave. Gli investigatori della Sezione Antirapine rinvenivano all’interno un telefono cellulare.

Gli accertamenti svolti sull’intestatario dell’autovettura, consentivano di risalire ad una donna di origini “Sinti” residente in provincia di Reggio Emilia la quale, sentita da personale della Squadra Mobile di Reggio Emilia che ha collaborato attivamente nelle prime fasi dell’accaduto, forniva una versione poco credibile dichiarando di essersi recata, nello stesso pomeriggio, presso un centro commerciale di Parma unitamente alle due nuore e di aver parcheggiato l’autovettura in argomento lasciandola aperta e con le chiavi all’interno. Intorno alle ore 16,30, nel riprenderla, constatava che le era stata rubata.

Le due nuore, pur confermando la versione di “comodo”, si contraddicevano fornendo, ciascuna, una dinamica dei fatti contrastante con quella resa dalle altre: per esempio, sul rientro a Reggio, dopo il furto dell’autovettura le tre dicevano, rispettivamente: a) di essere rientrate in auto chiedendo un passaggio; b) di essere rientrate in treno; c) di essere rientrate in autobus.

Gli accertamenti svolti sul telefono rinvenuto all’interno dell’autovettura consentivano di stabilire con certezza, per le chat e le foto contenute, che l’apparecchio fosse in uso a E.D.M., classe 1977, e ritenere, inoltre, che il conducente fosse P.B. classe 1981,  figlio della proprietaria dell’auto. Entrambi di origini “sinti” e residenti in provincia di Reggio Emilia, erano già noti alle Forze di Polizia in quanto pregiudicati per numerosi reati contro il patrimonio.

Ulteriori accertamenti permettevano di raccogliere una serie di elementi a carico dei predetti che venivano, pertanto, deferiti alla locale Procura della Repubblica per i reati di resistenza e violenza a P.U., lesioni personali gravi e danneggiamento dell’autovettura di servizio.

Il Pubblico Ministero dott.ssa Emanuela Podda, esaminati i gravi indizi di colpevolezza, richiedeva al G.I.P. dott.ssa Paola Artusi l’emissione di una misura restrittiva della libertà personale.

Il 31 luglio scorso, gli investigatori della Sezione Antirapine di Parma, unitamente a personale della Squadra Mobile di Reggio Emilia, eseguiva in provincia di Reggio i relativi provvedimenti.