assemblea-cameraliErano in tanti, quasi 600 persone nella sala Auditorium della Regione Emilia-Romagna dove tutte le sigle sindacali congiunte hanno indetto l’assemblea generale “Camere di Commercio. Quale futuro per i servizi alle imprese in Emilia-Romagna? Quale futuro per i lavoratori?”

Il sistema camerale, in Emilia-Romagna, tra Camere di commercio, aziende speciali e Unione Regionale conta circa 850 addetti.

Forza lavoro qualificata e professionale messa in pericolo dal progetto di decreto legislativo del Consiglio dei Ministri, che prevede, nel riordino dell’intero sistema nazionale, un taglio al personale di almeno il 15 per cento che potrebbe salire al 25 per le Camere di commercio accorpate per un totale di almeno 3.000 esuberi in Italia.

È stata una bella assemblea, si sono dette molte cose. Posti a sedere esauriti e persone in piedi ad ascoltare interventi molto importanti che hanno messo a fuoco il problema.

Se il decreto legislativo di riordino confermerà le indiscrezioni sui contenuti, le Camere sarebbero spogliate di buona parte delle loro funzioni, portando di fatto a eliminare o ridurre drasticamente i contributi e finanziamenti alle imprese (promozione del territorio e del turismo), il sostegno all’innovazione (digitalizzazione) e all’internazionalizzazione (certificati d’origine, accesso mercati esteri, contributi per la partecipazione a fiere), ai confidi (istituzioni di supporto alle PMI per accesso al credito bancario); i servizi di conciliazione e mediazione e delle camere arbitrali.

Comportando anche lo stop al servizio di marchi e brevetti (tutela della proprietà industriale), ai corsi di formazione imprenditoriale, all’organizzazione di convegni e seminari, e sancendo la fine gli studi sull’economia del territorio.

Insomma, a perderci sarebbero innanzitutto le imprese.

Un progetto, quello governativo, che intende riproporre un modello di accentramento organizzativo in contrasto con il principio di autonomia dei territori in materia di sviluppo economico e sociale e quindi a “una serie di pesanti conseguenze per gli utenti”.

Infatti, senza un necessario cambio di rotta “tante piccole imprese poco strutturate perderanno quell’affiancamento quotidiano che da sempre garantisce la Camera di commercio senza che questo si traduca in un vantaggio per la spesa pubblica”.

Tra le diverse prese di posizione, anche quella del presidente della Camera di commercio di Bologna, e vicepresidente Unioncamere Emilia-Romagna, Giorgio Tabellini che ha fatto appello per “Una riforma che valorizzi funzioni ed esperienza delle Camere di Commercio, che potrebbe essere leva competitiva per il Paese”.

Gli enti camerali già nella loro attività a servizio delle imprese sono fortemente penalizzati dal taglio del diritto annuale, ossia la quota di iscrizione versata dalle aziende, che sale con gradualità dal 35 per cento del 2015 al 40 per cento nel 2016 fino al 50 per cento nel 2017 in cambio dell’irrisorio risparmio medio per le stesse imprese, pari a una media di 50 euro annui per ognuna.