Alla prova dei fatti, il Jobs Act non ha prodotto lavoro. Il 2015 si è caratterizzato più per la trasformazione dei rapporti di lavoro esistenti che per l’aumento della base occupazionale, con una preoccupante zona d’ombra legata alla crescita del tasso di disoccupazione giovanile per le donne. Le auspicate stabilizzazioni, nonostante gli incentivi alle assunzioni, crescono ma non sfondano. Tuttavia, si riduce sensibilmente la precarietà, visto che oltre il 71% delle nuove assunzioni avviene principalmente con tempo determinato e somministrazione, contratti pur sempre a scadenza, ma garantiti dalle tutele del Contratto Collettivo Nazionale.

E’, in estrema sintesi, quanto emerge dall’analisi presentata questa mattina a Bologna dalla Cisl Emilia Romagna nella sede di via Milazzo, che a un anno circa dall’applicazione del Jobs Act ha scattato una fotografia su criticità e punti di forza del lavoro e dell’occupazione regionale.

“Certo – sottolinea Giorgio Graziani, segretario generale della Cisl Emilia-Romagna – dopo sei anni di continuo calo, in Emilia-Romagna hanno ripreso quota le assunzioni a tempo indeterminato, crescendo, nel 2015, di 61.222 unità rispetto al 2014 e riavvicinandosi ai valori del 2008 (+14.384 rispetto al 2015), tuttavia non dobbiamo nasconderci che le aspettative erano ben altre. Già i primi dati del 2016 dimostrano come tale crescita corra il rischio concreto di rivelarsi totalmente artificiosa e in gran parte dovuta agli incentivi: d’altro canto avevamo detto a più riprese che la riduzione di questi ultimi avrebbe fatto crollare anche le assunzioni”.

“Ed è del tutto evidente – continua il segretario generale regionale della Cisl – che per i giovani, specie quelli tra i 25-34 anni (la fascia più sensibile d’ingresso stabile nel mondo del lavoro), la promessa lavoro non è stata mantenuta. Servono investimenti e crescita, non solo nuove regole”. Difatti, dati alla mano, la disoccupazione giovanile complessivamente aumenta anche nel 2015,  causata da un sorprendente aggravio del problema sulle giovani donne: nel 2015 le disoccupate crescono del 18% (da 22.000 a 26.000) e del 136% rispetto al 2008 (erano 11.000). Mentre, per gli uomini (sempre nella fascia 25-34 anni), i disoccupati diminuiscono del 13%, sebbene siano cresciuti del 151% nel lasso temporale 2008-2015. Va anche detto che il tasso di disoccupazione assoluto è calato del 1,2% (dall’8,8 del 2014 al 7,6% del 2015), ma non grazie al rapporto virtuoso “meno disoccupazione uguale più occupazione”, purtroppo a causa di un aumento degli ‘scoraggiati”.

Oltretutto l’apprendistato segna il passo: calo 16% nel 2015 rispetto all’anno precedente. Contrazione probabilmente dovuta alla concorrenza del contratto a tutele crescenti incentivato. “Ad ogni modo – sottolinea Graziani – questa tipologia di contratto rimane tuttora quella preferibile per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro”.

“Nel contempo, i numeri ci presentano un deciso crollo di molte tipologie di rapporto di lavoro precario: l’incidenza del lavoro a progetto e delle co.co.co (circa del 2%), l’associazione in partecipazione (0,13%), assurte a simbolo dell’instabilità sociale, registrano una riduzione a quote di assoluta irrilevanza. Tipologie contrattuali che, di fatto, sono confluite in gran parte nei contratti a tempo determinato (sia pure con un lieve calo del 2%) e nella somministrazione (+14,29%), che seppur a scadenza hanno il grosso vantaggio di essere coperti dalle tutele del Contratto Collettivo Nazionale”.

Un capitolo a sé meriterebbe il lavoro accessorio per l’esplosione nell’utilizzo che ha avuto specie nell’ultimo biennio, “ed è inutile negare  – sottolinea Antonio Amoroso, componente della segreteria regionale Cisl con delega al mercato del lavoro – che il forte ricorso ai voucher (nel solo 2015 sono 14.322.944 quelli venduti e 11.729.110 quelli utilizzati da ben 161.777 emiliano-romagnoli) desta non poche perplessità.  Lo strumento va rivisto, bene la tracciabilità, ma non basta. Qui non è una questione di Jobs Act, anche perché nel 2014 i voucher intercettavano già ben oltre 118.000 lavoratori, con oltre 8 milioni di voucher utilizzati, ma va compreso se questa forma di lavoro sia opportunità di emersione o una nuova forma di lavoro grigio. Di conseguenza, non va cannibalizzato ideologicamente, ma va approfondito e meglio regolato”.

“Un’analisi d’insieme – ha concluso Giorgio Graziani –  che non fa che confermare ciò che la Cisl sostiene fin dal primo momento, e cioè che non bastano le sole regole a creare occupazione”. E’ invece indispensabile creare una filiera del lavoro efficace che coniughi investimenti e servizi per l’impiego, oggi totalmente deficitari”. Ma cosa fare? Il segretario generale della Cisl elenca una serie di punti inderogabili:

per stabilizzare realmente i rapporti di lavoro, i contratti a tempo indeterminato (tutele crescenti e apprendistato) devono costare meno degli altri. Gli incentivi non solo vanno ripristinati, ma vanno resi stabili;
va aperta una riflessione sull’occupazione femminile attraverso anche interventi con politiche di welfare dedicati;
la scommessa dei servizi per l’impiego sussidiari e dell’Agenzia regionale per il lavoro va portata avanti con decisione e in tempi rapidi;
sulla scia tracciata dal Patto regionale per il lavoro, in sinergia con i patti territoriali, vanno implementate politiche di crescita e di sviluppo. Con l’auspicio che anche sul piano nazionale si possa giungere a un patto sociale per la crescita del Paese;
per l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, è indispensabile modificare l’attuale legge Fornero sulla previdenza.