Manghi-Prov-ReggioUn invito alla comunità reggiana affinché “non solo a parole, ma con il nostro agire quotidiano, ognuno di noi, ad ogni livello, raccolga idealmente il testimone dalla generazione che ci ha liberato dal nazifascismo per costruire una nuova Resistenza contro le mafie”. E un appello all’Unione europea e ai governi nazionali “perché prendendo le mosse dalla nostra Costituzione, così ispirata dalle sofferenze e dai valori della Resistenza italiana, si impegni a vincere la sfida delle migrazioni e la minaccia del terrorismo senza chiudere i confini e cedendo nuovamente alla tentazione di far prevalere gli egoismi nazionali”.

Questi i temi di fondo del discorso pronunciato oggi a Reggio Emilia dal presidente della Provincia di Reggio Emilia, Giammaria Manghi, in occasione delle celebrazioni del 25 Aprile, “alla vigilia dei 70 anni della nostra Repubblica, nata con il referendum istituzionale del 2 e 3 giugno 1946, che vide il popolo italiano recarsi alle urne per determinare la forma di stato da dare all’Italia dopo la seconda guerra mondiale, nonché di eleggere l’Assemblea che ci avrebbe consegnato la Costituzione nella quale ancora oggi ci riconosciamo”.

Nuova Resistenza contro le mafie. “Oggi sono chiamate nuovamente a resistere Reggio Emilia e la nostra provincia – ancora alle prese con gli effetti di anni di crisi economica che si riversano su tante famiglie e che rischiano di influire negativamente sul futuro dei nostri figli – in un tempo in cui ognuno di noi è sollecitato ad affrontare una nuova, dura, quanto inedita per le nostre terre, lotta di liberazione: quella dalle mafie e da ogni forma di prevaricazione”,  ha detto il presidente Manghi citando anche il processo Aemilia che si sta celebrando proprio in queste settimane. Dopo aver espresso “riconoscenza per il forte gesto di presenza da parte dello Stato verso i cittadini” rappresentato dalle prime sentenze già pronunciate a poco più di un anno dal blitz, Manghi ha comunque voluto ribadire “che gli imputati del processo Aemilia sono solo una delle parti in causa, sono soltanto una parte, una minima parte della comunità reggiana, anche se un solo ‘ndranghetista è comunque di troppo in questa terra che è terra di Resistenza, di Liberazione, di padri e madri costituenti e, dunque, terra intrisa di valori che rappresentano l’antitesi della cultura mafiosa: libertà, democrazia, dignità, uguaglianza, lavoro, cultura dei diritti e della solidarietà”.

“Il processo Aemilia non è un processo ad una comunità nella sua interezza, ma ad un gruppo di persone, ad un sistema che ha prodotto eversione mafiosa. La comunità reggiana – il “tutto” – è quella che è qui, oggi, in questa piazza a riaffermare gli ideali e i valori che la Resistenza ci ha tramandato; è quella che vede tutte le istituzioni, dal prefetto al più piccolo dei Comuni, impegnate a collaborare in maniera alacre, costante e credibile per garantire ordine e sicurezza e per dotarsi di strumenti normativi – come i tanti protocolli per la legalità che abbiamo già sottoscritto e i prossimi che sigleremo – che aiutino le pubbliche amministrazione a prevenire, nel quotidiano agire, ogni tentativo di infiltrazione; è quella fondata su di  una cittadinanza attiva – a partire proprio dai nostri giovani – intenzionata a riaffermare il proprio convinto rifiuto a ogni tentativo di prevaricazione e di infiltrazione mafiosa e a tenere alta, anche dal punto di vista culturale, una barriera che siamo impegnati a rafforzare sempre di più”. Per il presidente Manghi sarà proprio “la militanza di una intera comunità che, sull’esempio di chi si ribellò ai nazifascisti, si impegna oggi a ricordare in ogni piccolo gesto la capacità di saper scegliere tra bene e male a rassicurarci sul fatto che l’intera provincia di Reggio Emilia, compresa Brescello, riuscirà a erigere un muro contro la mafia e a ostruire in modo sano il nostro futuro”.

L’Europa tra migranti e terrorismo. Ma oggi sono chiamate a resistere anche “l’Italia e l’Europa, innanzitutto alla tentazione di richiudere confini, di alzare muri e barriere che abbiamo abbattuto e che attengono a un passato che non ci appartiene più e che i nostri giovani faticano a comprendere”. Dopo aver invitato ad accogliere l’invito di papa Francesco a «costruire ponti e rifuggire dall’illusione di innalzare recinti per sentirci più sicuri», Manghi ha ricordato il primo anniversario del naufragio che nel Canale di Sicilia che poco più di anno fa costò la vita a circa 800 migranti, affiancando al ricordo dei martiri della Resistenza quello delle vittime di quella tragedia” ed invitando l’Europa a non cedere di nuovo al “sonno dell’indifferenza” perché “non dobbiamo dimenticare che quello ed altri naufragi sono figli di una politica europea che alla fine del 2014 aveva deciso di interrompere operazioni di soccorso di ampio respiro come l’italiana “Mare Nostrum”.

“In questo 25 Aprile dobbiamo chiedere coerenza e fedeltà ad un progetto europeo che si è di fatto avviato proprio oltre 70 anni fa, con l’unione dei Paesi che si battevano contro il nazifascismo e alla nostra Costituzione, che non solo afferma che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, ma anche che “consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie   ad   un   ordinamento   che   assicuri   la   pace   e   la   giustizia   fra   le Nazioni”, ha aggiunto il presidente Manghi chiedendo “che sia l’Europa, sostenuta da un rinnovato sforzo collettivo di tutti i governi nazionali, a garantire e a difendere la nostra libertà e i nostri diritti dalle barbarie del terrorismo”.

Il nostro impegno quotidiano. Oltre “ai grandi governanti, anche ognuno di noi può fare qualcosa nel suo piccolo per scegliere”, ha concluso il presidente Manghi citando Piero Calamandrei: «La libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare».

“Ognuno di noi ha un familiare che ha intrapreso un nuovo percorso di vita, un’attività imprenditoriale, un periodo di studio all’estero o un tratto della propria esistenza speso a servizio della comunità. Ecco, come i ragazzi e le ragazze della Resistenza e le famiglie reggiane che aiutavano i perseguitati, dobbiamo imparare a riconoscere la Storia quando questa attraversa le nostre vite – ha concluso il presidente della Provincia –  Anche se lo fa sottoponendoci piccole scelte, chiedendoci gesti apparentemente piccoli, la cui importanza rischiamo di perdere di vista nella quotidianità delle nostre azioni. Occorre saper distinguere il bene dal male, la legalità dalla illegallità, l’accoglienza dal rifiuto, il giudizio dal rispetto e l’interesse reciproco della cooperazione dalla sterilità dell’egoismo. Perché non avvenga che un giorno ci si debba accorgere di come la libertà non c’è più, perché la voglia di profitto di certe aziende ha sopraffatto l’amore della comunità, perché la brama di denaro ha portato a calpestare le regole o quella di potere i limiti che la legge sancisce per le cariche pubbliche. Perché non arrivi mai il giorno in cui ci saremo completamente dimenticati dei sofferenti e dei bisognosi di cure. Perché non arrivi mai il giorno in cui le ideologie dell’odio e del terrorismo prenderanno il sopravvento su persone che hanno dimenticato i nostri valori fondanti di libertà, uguaglianza e dignità della persona”.