Possono essere figli, mogli, mariti, genitori o semplicemente amici. Sono i caregiver, persone che aiutano con continuità e nel lungo termine i propri familiari malati, anziani, disabili gravi o gravissimi  non autosufficienti.
Di questa figura, che diventa nei fatti una risorsa che si integra con i servizi sanitari, socio-sanitari e sociali, si è discusso oggi a Bologna, nel convegno conclusivo della sesta edizione del Caregiver Day, rassegna a valenza regionale promossa dalla Regione, dalla Cooperativa Anziani e Non solo e dall’Unione Terre d’Argine.
L’evento è stato l’occasione non solo per valorizzare il ruolo del familiare che si prende cura di una persona non autosufficiente, ma  anche per verificare lo stato di attuazione della Legge regionale del 2014 che ne ha riconosciuto formalmente la centralità nel welfare e nell’assistenza e del progetto di legge nazionale che guarda la normativa dell’Emilia-Romagna come a un modello.
Secondo i risultati dell’indagine “Passi d’Argento” (anni 2012-2013), si stima che in Emilia-Romagna circa un sesto della popolazione ultra 65enne (circa 124.000 persone) presenti qualche forma di disabilità,  ovvero non sia autonomo nello svolgimento di una o più delle attività funzionali della vita quotidiana.  Non esiste invece un dato ufficiale su quanti siano oggi i caregiver familiari presenti in Italia e in Emilia-Romagna. Soltanto un’indagine multiscopo dell’Istat (2011) ha fornito informazioni precise contando in Emilia-Romagna 289mila (in Italia 3.329mila) caregiver.
A richiedere assistenza da parte dei caregiver sono anche le persone cosiddette “fragili”, autonome cioè nelle attività di base, ma che hanno bisogno di aiuto in almeno un’attività strumentale della vita quotidiana (come prendersi cura della casa, spostarsi fuori casa, fare la spesa, fare il bucato).
Il ruolo delle donne nell’ambito dell’assistenza familiare è stato uno dei  più temi  dibattuti tanto che la vicepresidente della Regione ha sottolineato come in un contesto di welfare ancora prevalentemente “familista”, in Italia sia riscontrabile una tendenza significativa alla “femminilizzazione” della cura.  In particolare, è la categoria delle “figlie femminine”, la più rappresentata tra i caregiver,  a dover sostenere il carico fisico e emozionale più gravoso,  con la conseguenza, secondo alcuni dati dell’ Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) del 2001, che queste donne presentano una probabilità più alta dell’8% di soffrire di disturbi mentali.
All’evento organizzato a Bologna si aggiungono sul territorio dell’Emilia-Romagna altri momenti di riflessione sul tema dei caregiver: Carpi, Modena, Bologna, Porretta, Rimini, Savignano e altri,  hanno aderito alla rassegna valorizzando i servizi/interventi attivati a sostegno dei caregiver a livello locale e promuovendo l’apporto dell’associazionismo e del volontariato.
Da quest’anno partirà in Regione un gruppo di lavoro per la stesura di linee guida attuative della Legge regionale per definire una serie di interventi a supporto del caregiver.