voto-donne-1Settant’anni fa le donne che avevano compiuto i ventun’anni parteciparono, per la prima volta nella storia italiana, al voto, esercitando pienamente i diritti politici attivi e passivi. L’anniversario è stato celebrato dal Consiglio comunale di Modena, con una seduta solenne alla presenza delle autorità cittadine, ieri, lunedì 30 maggio. Durante il Consiglio sono intervenuti la presidente Francesca Maletti, il sindaco Gian Carlo Muzzarelli, Fiorenza Tarozzi, docente di Storia contemporanea e Storia delle donne in età contemporanea all’Università di Bologna, Vittorina Maestroni, presidente del Centro documentazione donna.

Aprendo la seduta, la presidente Maletti ha chiesto un minuto di silenzio per tutte le donne che hanno perso la vita lottando per la libertà e la democrazia e a causa della violenza degli uomini. Nel suo intervento la presidente ha ricordato che l’Italia è arrivata a concedere il diritto di voto alle donne molto tardi e con molte resistenze. Le donne risposero “votando in modo massiccio al voto del 2 giugno per la Repubblica e per la Costituente dove vennero elette in 21. Sui primi quaranta eletti del Consiglio comunale di Modena le donne furono solo tre: un’esigua minoranza che però gettò le basi per il percorso verso la città plurale e inclusiva che Modena è oggi. In Consiglio oggi le donne sono dieci su 32 consiglieri: è un dato che fa riflettere – ha concluso Maletti – e che ci dice che c’è ancora molto da fare”.

“L’ingresso delle donne nella vita politica – ha detto il sindaco Gian Carlo Muzzarelli – ha cambiato nel profondo la società italiana, il lavoro, la famiglia, il welfare, la cultura e i costumi. Le battaglie per la liberazione e l’autodeterminazione delle donne hanno contribuito a far cadere altre forme di discriminazione sessuale e ad allargare i diritti civili per tutti. Eppure – ha sottolineato – la strada per una vera uguaglianza, capace al tempo stesso di valorizzare le differenze, resta lunga e piena di ostacoli vecchi e nuovi. Per questo l’anniversario che celebriamo oggi è l’occasione per riflettere sulle vittorie e sulle battute d’arresto, sui pericoli che incombono e sui nuovi traguardi da raggiungere; è l’occasione per rinnovare un impegno individuale e collettivo, delle istituzioni e della società civile, dalla parte dei diritti, della giustizia, delle pari opportunità e della promozione della dignità e della libertà della donna. È un impegno che in Comune a Modena vogliamo onorare con le politiche sociali, scolastiche, culturali e sportive, con l’assessorato alle Pari opportunità, la costruzione del bilancio di genere, l’adozione del linguaggio di genere negli atti pubblici, l’investimento per la ristrutturazione della casa delle donne”.

Ripercorrendo le tappe che hanno condotto all’emancipazione delle donne, la professoressa Tarozzi ha ricordato che nel febbraio del 1945, quando venne loro riconosciuto il diritto di voto, erano passati 74 anni dalla prima richiesta presentata in Parlamento con una petizione. Quella richiesta, tra il 1871 e il 1926 era stata ripetuta venti volte, e venti volte era stata respinta. Nell’imminenza del primo conflitto mondiale le donne però furono chiamate insieme agli uomini per esprimersi pro o contro l’entrata in guerra dell’Italia e scelsero di sostenere lo sforzo bellico mettendo in campo attività di sostegno, cura, assistenza ai combattenti, alle famiglie e agli orfani ma anche, a Bologna, un ufficio notizie che tiene i collegamenti tra le famiglie e gli uomini al fronte. Nella Seconda guerra la generazione di donne legate all’antifascismo, madri di quelle giovani che si impegnarono nella Resistenza, ripropone la questione della cittadinanza femminile, sostenuta da una serie di nuove associazioni come Udi e Cif, nate ne 1944. “Poi, finalmente nel 1945, il diritto di voto, ma inizialmente solo quello attivo. La svista fu corretta solo nel marzo 1946 e le donne infilate nelle liste all’ultimo momento, ma, nonostante questo, riuscirono a farsi eleggere”.

Vittorina Maestroni ha sottolineato che il 2 giugno 1946, con la prima elezione a suffragio universale, degli uomini e delle donne, si sono gettate le basi della ricostruzione post-bellica e proprio in quegli anni si crearono i fondamenti della democrazia. E dall’idea di indagare come le comunità locali si organizzarono per uscire dalla guerra e progettare il futuro democratico nasce il progetto partecipativo “#cittadine. I segni nelle comunità e sulle città” con l’obiettivo specifico di approfondire i primi anni della ricostruzione a Modena attraverso la novità della presenza, e a volte anche le assenze, delle donne nella sfera pubblica, sociale ed economica delle comunità locali: “Interrogare le assenze e la presenza delle donne nella storia, nella società, nella gestione delle risorse economiche e del potere politico significa andare a modificare la lettura del quadro di insieme attraverso una nuova prospettiva che restituisce la complessità”.

UNA STELE A RICORDO DI GINA BORELLINI

Inserire nel Parco della Resistenza una stele a ricordo di Gina Borellini, Medaglia d’oro al Valor militare, prima modenese eletta in Parlamento nel 1948 quale simbolo dell’antifascismo nazionale, dando così anche risposta alla proposta che Anpi e altre associazioni fecero al momento della sua morte nel 2007.

Lo chiede il Consiglio comunale di Modena che, nella seduta di lunedì 30 maggio, in occasione della celebrazione del 70esimo anniversario del voto alle donne, ha approvato un ordine del giorno della maggioranza, illustrato dalla consigliera del Pd Federica Venturelli su “Le modenesi nella ricostruzione della democrazia e della comunità locale”. L’ordine del giorno ha ottenuto il voto favorevole di Pd, Sel, Fas-Sinistra italiana, Movimento 5 stelle, Per me Modena e CambiaModena. Astenuti Forza Italia e Idea-Popolari liberali.

Il documento propone che la Commissione Toponomastica “dedichi loro, nel caso non lo si sia già fatto, spazi pubblici, vie o piazze, per favorire la trasmissione delle loro vite esemplari alle giovani generazioni e per iniziare a colmare il grave gap esistente tra i nominativi maschili (874) e quelli femminili (39) nella toponomastica della nostra città, che purtroppo non si distingue dal resto d’Italia (su un totale di 10.514 toponimi, quelli dedicati agli uomini sono 4.708, pari al 44,77%, quelli dedicati alle donne soltanto 245, cioè il 2,33% del totale)”.

Con la mozione, il Consiglio si impegna inoltre a programmare nei prossimi 6 mesi, attraverso i presidenti delle Commissioni competenti e con il coinvolgimento dell’assessorato alle pari opportunità e altri competenti per materia, approfondimenti sullo stato d’attuazione delle politiche indicate nell’ordine del giorno “sulla piena applicazione della legge regionale quadro di parità in merito alla riforma dello Statuto (principi paritari nelle nomine della Giunta e degli organismi di II livello e per la costituzione di parte civile nei processi per violenza di genere)” e negli indirizzi dati alla Giunta (diffusione di una cultura paritaria, valorizzazione della storia delle donne, statistiche e bilancio di genere, scelte toponomastiche, progetti per prevenire la violenza sulle donne, completamento del restauro di Villa Ombrosa destinata a “Casa delle donne”). Al termine del percorso delle Commissioni, “potranno nascere documenti del Consiglio comunale per più aggiornati indirizzi nelle politiche comunali di pari opportunità e antidiscriminatorie, anche attraverso una riflessione del posizionamento della nostra città in termini di qualità della vita delle donne nel panorama nazionale e internazionale”.

La mozione ricorda infine le personalità emerse a Modena: Gina Borellini, Irma Marchiani, Gabriella Degli Esposti, Norma Barbolini, Antonietta Menozzi, Umbertina Smerieri, decorate al Valor Militare per il loro impegno nella Resistenza; Bice Ligabue, Clelia Manelli e Ilva Vaccari, prime elette nel 1946 in Consiglio comunale; Angelina Levi, Anna Pignedoli, Daria Bertolani Marchetti, Eugenia Gallitelli Montanaro, tra le prime docenti universitarie; Renata Bergonzoni, tra le prime avvocate modenesi, amministratrice locale e presidente di Arci, Donne e Giustizia e della Federazione della Casa delle Donne; Sorella Nellina Pellati Bianchi, Ivonne Poppi, maestra elementare, amministratrice locale e sindacalista.