E’ comparsa in Europa per la prima volta nel 2004 in Francia, la Vespa velutina è stata responsabile, secondo i dati forniti dalla Francia stessa, della perdita di alveari pari al 50% con un avanzamento potenziale di 100 km all’anno. Ora ‘colonizza’ il nord Italia. Ha dimensioni piuttosto grandi, raggiungendo la femmina i due – tre centimetri di lunghezza.

Ma – rileva Cia – Agricoltori Italiani di Reggio Emilia – si sta diffondendo lontano dalla zona rossa di infestazione, il Ponente Ligure, dove è apparsa nel 2012. La Vespa velutina, o calabrone asiatico, è un pericoloso insetto alieno predatore di api e altri impollinatori, che dopo la penetrazione in Liguria di ponente e Piemonte meridionale e centrale si sta spingendo sempre più verso il Veneto, la Lombardia e l’Emilia. Oltre a cacciare direttamente le api all’ingresso dell’arnia, il calabrone impedisce loro di uscire per raccogliere nettare e polline, indebolendo in questo modo anche le colonie che rischiano di morire. Come le comuni vespe diffuse in Europa è dotata di un pungiglione e presenta un comportamento discretamente aggressivo nei confronti dell’uomo. Secondo gli entomologi la sua pericolosità, per gli uomini e i mammiferi in genere, va paragonata a quella delle altre vespe europee. Diversa è invece la sua pericolosità per le api, di cui si nutre, soprattutto per quanto riguarda le specie europee che, al contrario delle specie apiarie del sud-est asiatico che hanno adottato dei comportamenti validi per combattere questo predatore, non conoscono questi comportamenti.

I ricercatori del CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura), quindi, sono già al lavoro per avviare una procedura di sorveglianza per la primavera appena iniziata. In accordo con le Regioni interessate, infatti, si coordineranno con gli apicoltori, le associazioni, i rappresentati di enti competenti per delineare insieme una strategia per tentare di eradicare o quantomeno contenere questi nuovi focolai della Vespa velutina.

La rete preesistente grazie ai progetti BEENET e VELUTINA, non è stata più finanziata ed è oggi basata solo sul volontariato degli apicoltori. Occorrerebbe dunque proseguire e incrementare le reti regionali già avviate nelle aree finora considerate indenni, come quelle di Toscana, Emilia Romagna e Lombardia.