Le foreste tropicali dell’America centrale stanno cominciando a scomparire a una velocità “allarmante”, minacciando la sopravvivenza dei popoli indigeni e la biodiversità di molti ecosistemi unici. La colpa? È della cocaina, tanto che ormai si parla di “narco-deforestazione”.

Ce ne ha parlato  Tiziano Motti, l’eurodeputato al parlamento europeo della settima legislatura: “L’espressione è usata da un team di ricercatori dell’Università dell’Oregon in uno studio pubblicato sulla rivista Environmental Research Letters. La cocaina, spiegano, è per le foreste tropicali del Centro America una minaccia seria, anche se indiretta. A contribuire alla deforestazione non sarebbero tanto le piantagioni di coca, ma le enormi quantità di terreni acquistati dai narcotrafficanti per riciclare i loro profitti illegali.

“A partire dagli anni Duemila”, spiega uno degli autori dello studio, David Wrathall, “l’applicazione delle leggi Usa antidroga a Caraibi e Messico ha spinto i trafficanti in luoghi sempre più difficili da pattugliare, come le grandi foreste dell’America centrale”. Così in queste aree si è riversata anche una “valanga di denaro sporco” e i narcotrafficanti hanno dovuto trovare dei modi per riciclarli. Tra le soluzioni “migliori” è spuntata l’acquisto di enormi appezzamenti di foresta, da disboscare, per costruirvi ranch e allevamenti. Ma non solo, attività di “copertura” sono anche quelle agricole e turistiche.

“Si tratta della maggiore e non riconosciuta fonte di deforestazione tropicale in America centrale”. I ricercatori stimano che al traffico di cocaina si possa imputare fino al 30% della perdita totale di foreste in Honduras, Guatemala e Nicaragua degli ultimi dieci anni.