12.400 diagnosi di demenza, con 24.000 persone valutate. Ma anche 13 Nuclei residenziali dedicati, con 187 posti letto complessivi, e 9 Centri diurni, per 150 posti. E ancora: sessanta gruppi di sostegno e auto-aiuto per favorire la socializzazione e il mantenimento delle capacità residue nei pazienti; più di 15mila consulenze specialistiche e 345 corsi di formazione e informazione per i familiari.È la fotografia del mondo delle demenze in Emilia-Romagna nel 2016.
Di questo si è parlato oggi a Bologna nel convegno organizzato dalla Regione “Le demenze. Fra innovazione e mondo reale, il modello dell’Emilia-Romagna”: un’occasione per fare il punto sulla rete dei servizi e sui prossimi obiettivi del Progetto regionale demenze. L’Emilia-Romagna, infatti, è una delle pochissime regioni ad averne uno, già dal 1999; e l’anno scorso l’impegno si è ulteriormente rafforzato: con un’apposita delibera di Giunta, il Piano è stato aggiornato, recependo contestualmente anche quello nazionale.

“Abbiamo un Progetto di rete – ha sottolineato nell’intervento di apertura la vicepresidente e assessore al Welfare, Elisabetta Gualmini – che mette insieme Ausl, Aziende ospedaliere, Comuni, associazioni dei familiari e del volontariato con un preciso obiettivo: garantire la migliore qualità di vita possibile a pazienti e familiari. Quando parliamo di demenze, infatti, parliamo di una patologia invalidante, che provoca grandi sofferenze all’intero nucleo familiare. Da un punto di vista medico- ha aggiunto Gualmini- siamo impegnati a garantire una diagnosi sempre più tempestiva, e sul fronte dell’assistenza a fornire servizi che possano costituire per chi vive con i malati un aiuto concreto e sempre più capace di rispondere ai bisogni quotidiani”.

Le cifre dell’Emilia-Romagna: i pazienti, l’assistenza
Nel 2016 in Emilia-Romagna sono state valutate circa 24.000 persone, ed effettuate 12.400 diagnosi di demenza e 6.000 diagnosi di “Mild Cognitive Impairment” (condizione che può evolvere a demenza), con una stima complessiva di circa 80mila persone malate. Ogni anno, i Centri per i disturbi cognitivi e le demenze registrano mediamente contatti con oltre 40.000 persone,tra prime visite e controlli.
Tutte le strutture accreditate (sia residenziali che diurne) garantiscono assistenza qualificata per le persone con demenza: a fine 2016, in tutta la regione erano presenti 13 Nuclei residenziali dedicati a questo tipo di patologia (con 187 posti letto complessivi) e 9 Centri diurni (150 posti).
Sempre l’anno scorso, è stata garantita l’assistenza farmacologica a 11.200 persone affette da demenza. Per quanto riguarda, invece, le attività psicosociali, sono stati fatti più di 1.000 interventi di stimolazione cognitiva (oltre a quelli svolti nelle strutture residenziali e nei Centri diurni). Sessanta gruppi di sostegno e auto-aiuto, con il coinvolgimento di circa 1.000 familiari, hanno garantito opportunità per la socializzazione e il mantenimento delle capacità residue nei pazienti. Sempre nel 2016, sono state erogate più di 15mila consulenze specialistiche (di tipo psicologico, assistenziale, legale e tecniche per adattamento ambienti domestici); 345 i corsi di formazione e informazione per i familiari (5.300 le persone coinvolte). Attivi, in tutta la regione, 50 Caffè Alzheimer. L’anno scorso sono state avviate le prime esperienze di Meeting Center: luoghi di incontro informale tra persone con demenza, i loro familiari ed esperti della malattia. Le attività di sostegno alla famiglia vengono realizzate in collaborazione con i Comuni, i Servizi di assistenza per gli anziani e il contributo delle associazioni.

Il Progetto regionale demenze
Una sempre più forte integrazione tra servizi e professionisti, per dare più omogeneità agli interventi, in tutta la regione: è, in estrema sintesi, quanto prevede il Progetto regionale demenze, aggiornato nel 2016. Riguarda tutte le persone colpite da demenza (Alzheimer ma non solo) e coinvolge diversi soggetti: Ausl, Aziende ospedaliere, Comuni, associazioni dei familiari e del volontariato. L’approccio è globale e integrato.
L’obiettivo è garantire la migliore qualità di vita possibile, sia alla persona malata che ai familiari, anche favorendo ulteriormente le diagnosi tempestive. Il ruolo chiave è quello del medico di famiglia, riferimento importante per riconoscere i primi segnali della malattia e intercettare le situazioni a rischio, con una particolare attenzione anche alla comunicazione della diagnosi. Il Progetto stabilisce la composizione minima dell’équipe dei Centri per i disturbi cognitivi e le demenze: medico (geriatra e/o neurologo), infermiere, psicologo, che devono assicurare il collegamento con l’assistente sociale e con la rete distrettuale dei servizi, comprese le associazioni dei familiari. I Centri garantiscono una diagnosi approfondita, interventi farmacologici, consulenze specialistiche e, in collaborazione con enti locali e associazioni, iniziative formative, attività di informazione e socializzazione.
Il Piano dà inoltre grande enfasi agli interventi psico-sociali (non farmacologici) sia per i pazienti che per i familiari o cargiver (le persone che si prendono cura dei pazienti), e agli interventi “a bassa soglia” nelle fasi iniziali della malattia. Per favorire una maggiore integrazione tra servizi e professionisti, i Centri per i disturbi cognitivi e demenze possono avere sede anche all’interno delle Case della salute, punto di riferimento del territorio per l’accesso alle cure primarie.