Due dei più importanti studiosi di teatro italiani, Marco De Marinis e Fausto Malcovati, ripercorrono alcuni momenti nodali dell’articolata vicenda che lega teatro e rivoluzione, dalla Russia del 1917 in poi. L’incontro Dialogo su Teatro e Rivoluzione, presentato da Emilia Romagna Teatro Fondazione, rientra in “Intorno a Revolutija”, programma di iniziative in occasione della Mostra Revolutija al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna.

Quale filo sottile intreccia i concetti di teatro e di rivoluzione nel Novecento? Esiste sì un «teatro della/nella rivoluzione» come una «rivoluzione del/nel teatro», eppure accade spesso che la “rivoluzione” sul terreno politico finisca per combattere quella in campo scenico. Il dialogo tra i due poli si fa così denso e complesso, dagli esiti incerti.

Lo scenario della Mosca all’indomani del 1917 sarà al centro del discorso di Fausto Malcovati: la rivoluzione dell’ottobre 1917 cambia completamente la situazione teatrale della Russia. Viene creato un settore specifico del Commissariato per l’Istruzione, il TEO, che si assume la responsabilità dell’intera organizzazione teatrale e a cui tutti i teatri devono fare capo. I teatri mantengono il loro repertorio, ma viene avviato un controllo, in modo che gli spettacoli in cartellone siano adatti al nuovo pubblico proletario. La rivoluzione respinge il repertorio borghese, ma non trova valide alternative; l’unico è Majakovskij che riesce con il suo “Mistero buffo” a dare un’immagine del rivolgimento sociale e politico dell’Ottobre, creando un linguaggio nuovo, ma chiaro per ogni spettatore.

 

Successivamente Marco De Marinis rifletterà sul quindicennio ’64-’78, caratterizzato da una «disseminazione degli usi politico-rivoluzionari del teatro» che, però, non di rado ha generato effetti all’apparenza paradossali. Si è assistito più volte a un’uscita degli artisti dalla polis, ma proprio per l’esigenza di ripensare gli stessi «usi politici del teatro»: a partire dal decentramento reale nei quartieri operai di Torino, promosso da Giuliano Scabia durante l’autunno caldo del ’69, all’esilio volontario di Leo e Perla a Marigliano nei primi anni Settanta, a contatto con il sottoproletariato campano; dal viaggio nel Brasile del regime militare del Living Theatre (’71-’72) al teatro antropologico di Peter Brook, rigenerato dalla spedizione in Africa (’72-’73); dal Parateatro di un Grotowski (’70-’76) che smette per sempre di fare spettacoli, ai viaggi e ai baratti dell’Odin Teatret nei territori senza teatro dal ’74 in poi.

Ingresso libero.