E’ scomparso lo scorso 16 maggio, all’età di 84 anni, il professor Erminio Martini, molto conosciuto in città come suo padre Venerio Martini, nelle vesti di pittore, fotografo, ceramista ed insegnante. Come da suo volere non è stato anticipatamente reso noto il funerale. In vita chiese espressamente di non avere un funerale pubblico per la modestia che lo ha sempre accompagnato; per questo motivo solamente oggi la famiglia ha reso noto la notizia.

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ERMINIO MARTINI, nato a Modena il 29-9-1934, è figlio d’arte: il padre Venerio è artista noto, la madre Eugenia Jasoni, pittrice, si diletta in varie espressioni artistiche tra cui la ceramica.
Erminio è l’ultimo nato, l’unico maschio dopo le sorelle Annamaria e Marisa. Vive a Sassuolo per poco, perché il padre è nominato insegnante di disegno e storia dell’arte al liceo scientifico di Crema e dopo pochi anni in quello di Salerno, città della ceramica artistica.
Erminio racconta che la sua vera vita cominciò proprio a Salerno di cui conserva ricordi bellissimi: abitavamo in una villetta con un giardino su due livelli, con vista sul mare e sulla città. La collina, dietro la casa, era verde, sempre tanto verde e a settembre era piena di corbezzoli buonissimi. Il mio paradiso si completava con la spiaggia fuori città, a Mercatello. Anni dopo imparai che mio padre aveva chiesto il trasferimento a Salerno per farci vivere in un clima più salubre, diverso da quello umido di Crema. Tutto filò liscio fino alla guerra. E intanto io avevo già fatto la prima e la seconda elementare in quella città piena di sole e mare a volontà…
E siamo negli anni Quaranta, quelli della guerra, bisogna tornare a Modena: il padre Venerio è richiamato alle armi e spedito come ufficiale del Genio a fortificare l’abbazia di Monte Cassino. Erminio, il più piccolo della famiglia, viene affidato alla nonna Anna a San Michele dei Mucchietti (Sassuolo) per essere al riparo dai bombardamenti che piovono in quegli anni su Modena. Il tragitto Modena-S.Michele per il piccolo Martini viene percorso sulla canna di una bicicletta guidata da un muratore di fiducia. Le sorelle arriveranno dopo, mentre la madre rimarrà nella loro casa a Modena.
A San Michele, Erminio termina le elementari sotto la guida della nonna che sostituisce il mare e i corbezzoli di Salerno con tanto latte e cibi buoni, con tanto affetto e cura.
A guerra finita, lo aspetta il collegio San Carlo di Modena per i tre anni delle medie. Non è molto preparato dopo gli studi fatti come ha potuto nel periodo bellico, perciò viene accettato solo perché il direttore del San Carlo era stato un compagno di classe di suo padre. Trova insegnanti severissimi e super esigenti, e un tutor-killer che lo sveglia alle sei del mattino per ripetere le lezioni studiate nel pomeriggio precedente. La situazione così pesante gli fa venire voglia di fuggire: e infatti fugge e torna a casa. Poi, eccolo per sei anni all’Istituto d’Arte “A.Venturi”, sez. Decorazione Pittorica, dove incontra grandi maestri come Angelo Salvarani, Pino Vecchiati, Enrichetta Cecchi, Marino Quartieri, Domenico Chini, Luigi Spazzapan e altri. Sono stati i genitori a scegliere questo istituto perché Erminio disegna sempre, più che studiare, e già segue con molto interesse il padre che ha attrezzato nelle cantine di casa un laboratorio di ceramica continuando a dedicarsi alla sua passione salernitana. Per Erminio è la scelta giusta e questi sono anni spensierati e felici: non più disegnini, ma telai di 3mtx1,50 e quando può, nella bella stagione, se la fila via in bicicletta fino a San Michele dei Mucchietti dove lo aspetta a braccia aperte la nonna Anna che lo colma sempre di tanto affetto e tante premure.
Conseguito il diploma al Venturi, nel 1955 Martini prosegue gli studi iscrivendosi al Corso di Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna: qui conosce insegnanti come Virgilio Guidi, Pompilio Mandelli (maestri in pittura), Rezio Buscaroli e Silla Zamboni (storici dell’arte), Manaresi e De Vita (incisori) e altri eccellenti artisti bolognesi. E anche tanti amici, come Mario Leoni (stampatore), Leonardi, Saliola, Pozzati e il mitico Giancarlo Franchi che li riunisce nella sua Galleria 2000 in via D’Azeglio frequentata anche da giovani critici freschi di studi universitari d’estetica e di storia dell’arte: Solmi, Barilli, Lambertini, Margonari, Arcangeli, Grazia ecc… che considerano i giovani artisti “i nuovi mostri”, con loro fanno sodalizio e tutti poi avranno recapito alla Galleria Duemila, dove per due decenni passerà tutta l’avanguardia.
La Galleria offre personali e mostre itineranti in tutta Italia. Le cene e le visite alle altre gallerie private o istituzionali dilatano gli orizzonti culturali e la formazione dei più giovani come Erminio che si diploma nel 1959. Mentre studia all’Accademia, colleziona però anche Abilitazioni e Idoneità all’ insegnamento del Disegno e Storia dell’Arte nelle scuole di ogni ordine e grado, così nel 1957 accetta l’incarico dell’insegnamento di Disegno e Storia dell’Arte al liceo scientifico “Sorbelli” di Pavullo, dove rimane fino 1959. Erminio è subito accettato con entusiasmo e interesse dagli studenti, quasi suoi coetanei. In quella scuola incontra un bidello che dipinge e gli chiede consigli perché è ancora all’inizio della sua carriera artistica: è Gino Covili che diventerà un famoso pittore. Si diventa tutti amici, insegnanti e alunni, e Martini spesso si ferma la sera a Pavullo, invece di tornare a Modena, ma la “camera d’albergo” è l’automobile del collega di educazione fisica, Candeli, parcheggiata nel mezzo del campo sportivo.
L’impegno, di soltanto dieci ore, lo porta a Pavullo due giorni alla settimana. Meno male! La vecchia corriera, piena e vociante di maestre e professoresse che si raccontano i loro problemi di famiglia urlando per superare il rombo del motore, è sempre in sobbalzo per le tante curve in salita e in discesa. Se c’è la neve bisogna scendere e spingerla!
Poi una sosta obbligata in una vita così piena di impegni: la nonna gli regala un vecchio trattore Ferguson con avviamento a benzina e manovella. Da lì, purtroppo, cominciano i guai perché per un contraccolpo del trattore la manovella gli arriva nella schiena e gli incrina la spina dorsale. Ricovero e operazione al Rizzoli di Cortina dove rimane per sei mesi sdraiato immobile in una conchiglia di gesso. Poi la vita riprende il suo corso e nel 1961 c’è il matrimonio: decisi di sposarmi – racconta Erminio – o meglio Gabriella Bonzagni, mia compagna di classe al Venturi decise di sposarmi a Nonantola, nella cripta dell’ Abbazia. Era Natale!… Sono nati poi nel 1962 Eugenia (anche lei col pennello in mano) e nel 1967 Michele (con doti simili anche lui). Hanno entrambi frequentato l’istituto “Venturi”, anche se in indirizzi diversi. Oggi Eugenia insegna proprio al Venturi nell’indirizzo di Grafica pubblicitaria, e Michele ha un figlio che ha lo stesso nostro vizio: dipinge. Non va tralasciato che Gabriella, pronipote del pittore e caricaturista Arnoldo Bonzagni, dipinge e disegna anche lei: il legame affettivo si salda con il legame della pratica artistica. Ed è, direi, quasi naturale che entrambi i figli mostrino subito vocazione artistica.

Il 1961 è un anno importante per Martini perché comincia anche ad insegnare all’Istituto d’Arte Venturi (Decorazione pittorica murale: affresco, acquerello, tempera) dove rimane fino al 1988, quando problemi alla vista lo costringono al pensionamento. Nel corso degli anni, attento alle nuove esigenze del mondo del lavoro e ricco del suo “fare artistico”, sollecita cambiamenti di indirizzi di studi e insegna Decorazione tessuti: serigrafia e batik (per rispondere alle esigenze delle industrie di Carpi), poi arte grafica e ripresa fotografica con stampa e montaggio. Erminio da solo di volta in volta si aggiorna, fino alla fine della sua carriera di insegnante, quando consegue anche l’ abilitazione in grafica pubblicitaria (col massimo dei voti).
Ma Martini non si dedica solo all’insegnamento: nel 1960 inizia anche l’esperienza del lavoro in fabbrica, alle CERAMICHE MARAZZI di Sassuolo, dove il suo nome è già una garanzia perché le prime piastrelle decorate a mano prodotte dalla Marazzi recavano la firma dei suoi genitori. Il dott. Pietro Marazzi lo vuole per la produzione artistica a cui l’azienda sta dedicando particolare interesse. Alla fine del primo mese di lavoro (svolto nel tempo libero extrascolastico), Erminio va come tutti dal ragioniere pagatore per incassare il suo primo stipendio: sulla scrivania ci sono soldi stesi a ventaglio. Lui con un’occhiata intuisce la cifra. Li lascia lì sul tavolo, saluta e va via. Quando arriva a casa (col trenino Sassuolo-Modena) vi trova già Pietro Marazzi e il direttore generale Orienti (arrivati con l’automobile) che gli chiedono conto del gesto, gli spiegano che quello è lo stipendio da novizio e concludono: ci pensi e ci dica… Il giorno dopo, in fabbrica il dott. Marazzi gli dice: profesòur, al tirè so al stupèin? (professore, ha alzato lo stoppino? cioè la richiesta), poi tira fuori dalla tasca una busta contenente più del doppio della cifra preparata dal ragioniere. E da allora, ogni tanto Pietro Marazzi in corridoio gli allungherà qualche assegno: lui era contento, e anch’io – afferma Martini nel ricordare l’industria Marazzi dove è rimasto per ventiquattro anni.
Anni intensi e pieni di soddisfazioni: a casa prepara idee e bozzetti che passa ai collaboratori in fabbrica, poi crea un suo spazio, dal nome DEKO, dove offre idee e maquettes di prototipi per pubblicità, decori per piastrelle, pannelli e tecniche di realizzo su altri materiali e formati (es. rivestimenti in plastica per camper). Alla Marazzi Erminio Martini è il consulente per la tecnologia e la decorazione delle piastrelle: con il capo settore, ing. Carlo Guazzi, e il supervisore, l’architetto Enea Manfredini, si passano lunghi pomeriggi in discussioni, se non sono in viaggio per viste a mostre e fiere di settore.
L’insegnamento permette ad Erminio questa seconda attività, perché l’orario scolastico prevede un giorno libero, oltre al sabato pomeriggio e, naturalmente, la domenica. Però, all’inizio è dura perché non ha l’automobile, quindi si serve del treno per gli spostamenti e gli capita di svegliarsi a Piacenza o a Ravenna…, invece che a Modena. In genere la domenica è dedicata all’Arte, la sua arte, come espressione di sé.

Poi per volontà di Filippo Marazzi, figlio di Pietro, e su proposta di Martini, nasce il CROGIOLO, centro di ricerca estetica, fucina e laboratorio di idee e di prototipi. La prima sistemazione è in un ex spogliatoio, in mezzo ai reparti della produzione. In seguito si trovano gli spazi idonei: al piano terra la mostra e la lavorazione dei prototipi con l’aiuto di un chimico, il dott. Re di Reggio Emilia, due operai specializzati e soprattutto un giovane, Emilio Toschi, che già da anni lavora alla Marazzi ed è esperto nel ciclo di lavorazione, dalle materie prime ai forni. Bravissimo e interessato, pittore e decoratore in ceramica, sempre disponibile: basta chiedergli. Al piano superiore si sistemano le “lavagne-espositori” per esaminare un certo numero di piastrelle, un tavolo grande e sedie per le riunioni, scaffali con cataloghi e apparecchiature fotografiche. In questa sala si pianifica il lavoro, si accolgono gli artisti invitati con i quali Martini collabora, come ad esempio il francese Roger Capron o la giapponese madame Setzuko entrambi ceramisti di fama mondiale, Jan Paul Bonnet, Dalla Costa, Mazzotti, Del Monaco, Antje Patzold (teorica tedesca di grafica e immagine che si occupa di ceramica), P. Nagel, Peynet (famoso per la coppia di fidanzatini disegnati con note romantiche), L.Paciado, Gligorov, Paco Rabanne ed altri. Sono anni di intensa collaborazione con artisti internazionali che, appassionati di ceramica, sperimentano nuove espressioni, design avanzato, tecniche innovative. I progetti del Crogiolo sono sempre di rottura rispetto alle mode imperanti e spingono la produzione ceramica verso nuove tecniche (quadricromia, raku, a rilievo, collage) e nuove forme per occupare spazi abitativi e istituzionali (biblioteche, palazzi, chiese) non ancora conquistati dalle piastrelle.
Si progettano anche blocchi sanitari, portasaponi, docce, pareti componibili e attrezzate, pannelli decorativi, abbinamenti nuovi con materiali diversi (piastrelle e legno/marmi/specchi), ecc. Si organizzano concorsi di decori ceramici per alunni di scuole d’arte (di tutta Italia) e viaggi-premio per i vincitori (accompagnati da relativi presidi e docenti): tali iniziative avvicinano la scuola al mondo del lavoro e contribuiscono ad aggiornare e innovare i programmi scolastici.
Nasce anche la rivista Il venerdì del Crogiolo che vede Martini impegnato nelle vesti di vicedirettore, fotografo e vignettaro lungimirante, cioè caricaturista di tutti i collaboratori del laboratorio, immortalati con pochi tratti in pose che ne sintetizzano personalità e carattere.
Martini prosegue alla “Marazzi” come consulente e disegnatore/ideatore di prototipi e decori a tecnologia ceramica fino al 2000, dividendosi tra scuola, famiglia e attività artistica. Sì, perché dal 1963 è avviata pienamente anche la sua attività artistica alla quale si dedica nel tempo libero. Le personali e le partecipazioni a mostre collettive lo gratificano con premi, successi, apprezzamenti critici, riconoscimenti che arrivano da più luoghi e da più persone di diversa formazione culturale e artistica. Già nel 1967 gli si riconosce: l’artista ricorre con la massima disinvoltura alle tecniche più eterogenee adattandole con grande competenza alle esigenze della pittura. Dalla serigrafia, alla decorazione, alla cartellonistica pubblicitaria, alle impronte, non vi è mezzo che non paia buono a Martini per arricchire ed impreziosire il suo discorso che per sua natura si svolgerebbe su un terreno abbastanza arido, qualora non fosse interessato da queste “diavolerie” tecniche che, sia chiaro, non sono fini a se stesse ma concorrono direttamente, come valori espressivi, nell’economia del dipinto…
E nel 1992 il critico Arrigo Grazia in una recensione che ripercorre le tappe della evoluzione artistica di Martini, a proposito della produzione degli anni Sessanta, scrive: Martini si distinse per la sua lucida e ragionata visione dell’oggetto, retta dalle leggi delle proporzioni, con allusioni e selezione di particolari, chiarezza d‘impianto avara di ornamenti e ravvivata dall‘interno da trasgressioni e dissonanze in cui il clima informale veniva spesso recuperato, componendo cosi lo sfasamento dato dal mutamento netto di stile che aveva portato all’uso ponderato del colore e alla razionalizzazione delle forme…
Coltivò regolarmente la pittura, ma la sua attività fu per gran parte nel settore della grafica dove offrì soluzioni originali e condusse interessanti ricerche, spaziando in ogni settore tecnico, anche inesplorato… Dopo queste stagioni, nel primi anni settanta Martini cambia direzione: la qualità, i consensi, i riconosci-menti non hanno portato quei risultati pratici che gli verranno dall’eccellere in una attività artistica cosiddetta minore, quella dell’invenzione di decori per l’industria ceramica. Continuerà con esiti sempre rilevanti le ricerche nel campo fotografico, e queste assieme ai recenti “divertissements” all’acquerello, intensi e raffinati, saranno i suoi interessi negli anni a seguire…
La costante, la caratteristica della sua arte rimane l’autenticità, riconosciutagli da eminenti critici e anche dal suo amico ed estimatore, il prof. Maurizio De Negri, direttore del Gaslini di Genova, che spesso lo cita nelle sue conferenze per spiegare il criterio dell’autenticità di un’espressione artistica le cui premesse sono da ricercare nell’inconscio e nel preconscio. Il prof. De Negri scrive anche un libro con Erminio Martini e lo presenta come amico, disegnatore, pittore di ottimo livello.

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Ai famigliari, agli amici ed a tutti coloro che hanno avuto modo di conoscere ed apprezzare Erminio Martini, le più sentite condoglianze da parte dell’intera Amministrazione Comunale.