E’ ufficiale: il fumo passivo fa ora parte dell’elenco di 88 sostanze catalogate nel Gruppo I, come sicuramente cancerogene per l’essere umano; fa aumentare del 30% il rischio di cancro nei mariti non fumatori e del 20% quello delle mogli non fumatrici, mentre sul posto di lavoro il maggior rischio di cancro dovuto al fumo passivo e’ del 16-19%.


Lo ha affermato oggi Annie Sasco, direttrice dell’Unita’ di Epidemiologia per la prevenzione del cancro dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) di Lione.
Nel corso del convegno su ‘Fumo passivo e luoghi di lavoro – dati scientifici e strumenti di intervento’, tenutosi oggi all’ Istituto dei Tumori di Milano, Sasco ha infatti reso noti per la prima volta i dati che saranno pubblicati fra qualche mese nella Monografia sul fumo prodotta dallo Iarc, organismo che opera all’interno dell’ Organizzazione Mondiale della Sanita’ (OMS) col compito di effettuare ricerche per il controllo del cancro.

Le Monografie Iarc vengono pubblicate
tre volte l’anno: dal 1972 sono usciti 82 volumi che riguardano un totale di 885 sostanze esaminate. Per la valutazione del rischio cancerogeno, per ciascuna sostanza presa in considerazione viene tenuto conto – ha spiegato Annie Sasco – dell’insieme delle evidenze pubblicate nelle riviste scientifiche piu’ autorevoli.
Gia’ nel 1985 lo Iarc evidenzio’ che il fumo ‘attivo’ era associato al cancro del polmone, del cavo orale, della laringe, della faringe, dell’esofago, della vescica urinaria e del bacinetto renale. Ma i dati riguardanti il fumo ‘passivo’ erano allora limitati. Invece ora, a distanza di 15 anni, ci si e’ accorti che la letteratura scientifica presentava un enorme aumento di dati sulla pericolosita’ del fumo passivo. ”Cosa che – ha detto Sasco – ha indotto lo Iarc a prendere di nuovo in considerazione l’argomento tabacco, includendo questa volta separatamente la valutazione del fumo passivo”.
L’esperta francese ha dunque coordinato una enorme alisi dei dati precedenti (metanalisi), raggruppando e collegando i dati prodotti da piu’ di 50 studi pubblicati sulle piu’ autorevoli riviste scientifiche del mondo, sul rapporto tra fumo passivo e rischio di tumore del polmone nei non-fumatori, arrivando alla conclusione che ”il fumo passivo e’ causa di tumore polmonare nelle persone che non hanno mai fumato. Pertanto il fumo passivo e’ stato classificato come sostanza cancerogena di Gruppo I per l’essere umano”.
L’analisi dei dati – ha spiegato Sasco nel corso del convegno milanese organizzato dall’Istituto dei Tumori in collaborazione con la Societa’ di Medicina Generale (Simg) e l’Associazione Ambiente Lavoro – ha fatto riscontrare un significativo aumento del rischio del tumore del polmone nei coniugi non fumatori esposti al fumo passivo del partner. Per i mariti non fumatori e’ stato calcolato un aumento del rischio di tumore del polmone del 30%, mentre per le mogli fumatrici il rischio in eccesso e’ del 20%.
E’ stato osservato – ha aggiunto l’esperta Iarc – che il rischio aumenta con l’aumentare dell’intensita’ dell’ esposizione al fumo passivo. In modo analogo, l’esposizione dei non fumatori al fumo passivo nei luoghi di lavoro comporta un aumento del rischio di cancro al polmone del 16-19%. E non e’ un rischio da poco se anche si considera – come ha sottolineato Roberto Boffi, pneumologo responsabile dell’ambulatorio per i danni da fumo dell’Istituto dei Tumori milanese – che ”i fumatori passivi sono molto piu’ numerosi di quelli attivi e che di essi il 25% ha meno di 14 anni”.
Tutti dati che danno man forte alla Lega per la lotta contro i tumori che proprio in questi giorni sta organizzando in Italia la ‘Giornata Internazionale sui Diritti dei Non Fumatori’, che cadra’ martedi’ 5 novembre. Per tale giornata la Lega ha attivato dalle 9 alle 17 un numero telefonico, ’02-70603263′, al quale potranno far capo le persone che vorranno una consulenza legale sul proprio diritto a non subire il fumo passivo nei luoghi di lavoro.