L’ emergenza idrica dell’estate scorsa ha messo in risalto il ruolo essenziale dei Consorzi di Bonifica in Emilia Romagna che, pur in presenza di una magra storica del Po, hanno distribuito circa 1 miliardo 300 milioni di metri cubi di acqua, di cui 1.150.000.000 dal Po (+32% rispetto all’anno medio) e 150 milioni dai fiumi appenninici (-38%).

Volumi record, mai raggiunti prima, ai quali è corrisposto un impegno eccezionale dei Consorzi, che hanno dovuto sopportare costi energetici di un milione e mezzo di euro superiori alla media annuale.

Lo ha detto Emilio Bertolini, presidente dell’Unione Bonifiche Emilia-Romagna, che parteciperà domani al convegno internazionale Anbi-Fao “I campi hanno sete” nella sede Fao a Roma. In Emilia Romagna – ha spiegato – si sono verificate due situazioni produttive differenziate: i comprensori gravitanti nell’ area irrigua del Po non hanno subito grossi condizionamenti dal clima siccitoso. Mentre nell’area compresa tra la via Emilia e la pedecollina, che dipende dalle derivazioni appenniniche, la siccità ha drasticamente abbattuto la capacità produttiva (30-35% in meno della Plv, con punte del 50% per la foraggicoltura da prato stabile, mais e barbabietole)”.

Nell’area romagnola (che risente storicamente dell’incompiuta realizzazione del sistema di distribuzione delle acque del Cer) si è avuta una differenziazione tra comprensori irrigui e comprensori seccagni, in cui la Plv ha registrato cali anche del 50%, con alcune produzioni frutticole colpite fino al 60%.

“Complessivamente ha spiegato Bertolini il sistema irriguo consortile ha risposto adeguatamente all’emergenza siccità attraverso una capacità distributiva di volumi record d’acqua, mettendo in atto e gestendo efficacemente un modello di interconnessione fra più sistemi distributivi che hanno permesso la sostanziale salvaguardia della capacità produttiva di tutte le aree servite”. Secondo Bertolini, ora bisogna affrontare il post-emergenza siccità con tre linee d’azione: una politica di risparmio e corretta gestione delle acque riutilizzando anche ai fini irrigui le acque reflue; ammodernamento e sviluppo delle infrastrutture irrigue; riorganizzare il sistema di prelievo dell’acqua con il rilancio di una politica di invasi collinari e montani.