L’Italia vanta una leadership per
quanto riguarda l’applicazione di sistemi e tecnologie ambientali nei settori di produzione del vetro e della ceramica, comparti di punta nella nostra economia, ma che comportano un considerevole impatto ambientale, regolato dal decreto legislativo 04/08/1999, n. 372 di attuazione della direttiva 96/61/CE relativa alla prevenzione e riduzione integrate dell’ inquinamento.

Le fasi della lavorazione del vetro sono lunghe e complesse: preparazione delle materie prime (macerazione e confezione della miscela); fusione in forni a riverbero o elettrici a temperature che oscillano tra i 1200 ed i 1550 gradi; foggiatura della massa vetrosa a caldo; raffreddamento ad una temperatura decrescente da 600 a 400 gradi fino a quella ambientale.

Il vetro e’ un inerte e come tale, se abbandonato nell’ ambiente, non interagisce con esso. Ma come si comprende dalle fasi di lavorazione del vetro, esse avvengono ad elevate temperature pertanto utilizzano una grande quantita’ di energia.
Si ottiene dalla fusione di sabbie fluviali e marine e puo’ essere colorato con l’aggiunta di particelle di ossidi metallici o altri materiali, che costituiscono il valore aggiunto di maggiore impatto sull’ambiente.

Stabilita’ e resistenza del vetro rendono problematico lo smaltimento: essendo inerte, in discarica non si degrada e occupa molto spazio (quasi il 10% del volume); inoltre nell’ inceneritore (in cui la temperature massima eþ di 950) non fonde (il vetro fonde a 1300-1700 C), interferendo negativamente sul processo di combustione. Le stesse caratteristiche, pero’, lo rendono perfettamente idoneo a essere riutilizzato infinite volte.

Grazie ad accordi di programma con gli operatori del settore, stipulati dal Ministero dell’Ambiente e da alcune regioni interessate, sono in corso numerosi progetti destinati ad esempio, a investigare le possibilita’ di trasformare la combustione dei forni di produzione del vetro artistico, utilizzando in sostituzione della combustione ariaþgas naturale, la combustione ossigeno gas naturale.
L’effetto sperato e’ quello di aumentare anche del 50% lþefficienza del processo di fusione , abbattendo della meta’ i consumi di gas naturale a parita’ di produzione, e di eliminare quindi le emissioni di inquinanti in atmosfera. Ad un progetto analogo lavora ad esempio Murano 2, un’iniziative del Ministero dell’Ambiente, delle imprese e degli enti locali destinato a riconvertire i forni fusori.

Anche il settore della produzione delle ceramiche registra un ruolo propositivo del nostro Paese, che e’ il secondo produttore mondiale dopo la Cina e il primo in Europa con 632 milioni di metri quadri prodotti nel 2000, il 12,3% della produzione globale. Sono 331 gli stabilimenti che operano in Italia. Anche l’impatto di questo settore e’ regolato dalla legge nazionale di recepimento della direttiva Ippc, che fissa limiti di emissione per gli impianti per la fabbricazione di prodotti ceramici mediante cottura, in particolare tegole, mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, gres, porcellane, con una capacità di produzione di oltre 75 tonnellate al giorno e/o con una capacita’ di forno superiore a 4 m3 e con una densita’ di colata per forno superiore a 300 kg/m3.

Nell’ultimo decennio l’industria del settore si e’ avvicinata a progetti di sviluppo sostenibile, attraverso normative e regolamentazioni integrate e complete come l’ISO 14001 e Regolamento Emas. Proprio all’interno delle province di Modena e Reggio Emilia e’ localizzato il comprensorio della ceramica: dieci comuni con 200 aziende che forniscono l80% della produzione italiana, il 50% di quella europea e il 20% di quella mondiale. Si tratta di un distretto felice da un punto di vista economico, ma che esercita una pesante pressione sull’intero ambiente regionale. Si e’ calcolato che l’impatto ambientale del distretto ceramico di Sassuolo sia pari a oltre la meta’ di quello dell’intera Emilia Romagna.

I fattori di pressione sono riconducibili non tanto ai materiali utilizzati nella lavorazione degli impasti, ma invece ai consumi di risorse: acqua, energia per le varie fasi di cottura ed essiccamento, e alle sostanze usate per la smaltatura e i decori, con una produzione di polveri, fluoro e piombo. E proprio Sassuolo ha dimostrato che si puo’ invertire la tendenza, realizzando un caso di successo di sviluppo sostenibile.

Il distretto infatti ha una certificazione Emas II che riguarda tutte le fasi della produzione, dall’estrazione delle materie prime, al loro trasporto, dai suoli occupati e i materiali di costruzione, ai macchinari impiegati, dai consumi energetici, agli impianti di trattamento, fino naturalmente ai veri e propri effetti sull’ambiente, le emissioni cioe’ in atmosfera e nelle acque. Gli interventi principali effettuali per la compatibilita’ della produzione sono quelli relativi all’efficienza energetica, attraverso l’adozione di tecnologie e sistemi innovativi per il trattamento termico, sono stati inoltre applicati filtri per l’abbattimento delle polveri e realizzati impianti di depurazione per le acque reflue a ciclo continuo.