Aumenta il lavoro interinale a Modena. Nel 2003 gli avviamenti con questo tipo di contratto cosiddetto di “lavoro in affitto” sono più che raddoppiati rispetto al 2001 (da settemila a oltre 15 mila). In crescita anche il numero degli avviamenti al lavoro a tempo determinato (quasi 46 mila nel 2003, quando nel 2001 erano 36 mila), mentre risultano stazionari i contratti a tempo indeterminato (circa 27 mila).


Sono solo alcuni dei dati contenuti nel “Rapporto 2003 sul mercato del lavoro a Modena” che viene presentato domnai pomeriggio, a partire dalle 15.30, nella sala conferenze dell’assessorato al Lavoro della Provincia di Modena.

Dopo l’introduzione di Giorgio Razzoli, assessore provinciale al Lavoro, Tommaso Gennari presenta i dati del rapporto che saranno messi a confronto quelli regionali e nazionali nell’intervento di Paolo De Castro, presidente di Modena.

“In questa indagine – sottolinea Razzoli – per la prima volta concentriamo l’analisi sulle caratteristiche della forza lavoro, arrivando al livello individuale e soggettivo, privilegiando l’offerta rispetto alla domanda, con una attenzione particolare all’occupazione femminile”.

Sulla base dei dati forniti dai Centri per l’impiego della Provincia di Modena, risulta che nel 2003 le aziende private modenesi hanno effettuato oltre 100 mila assunzioni di cui circa il 72 per cento con contratti a termine.

I settori che esprimono la maggior domanda di lavoro sono i servizi, in particolare alle imprese, con quasi il 50 per cento dei contratti (dato in crescita rispetto al 2001) e l’industria con il 32 per cento che però risulta in leggero calo, sempre rispetto al 2001: un dato che evidenzia la fase congiunturale negativa del settore industriale nazionale.

Complessivamente a Modena il 70 per cento della popolazione di età compresa tra i 15 e i 64 anni risulta occupata (a livello nazionale il dato è fermo a quota 56 per cento), il tasso di disoccupazione è al 3,1 per cento (in Italia è al 8,7 percento) ma sale al 4,9 per cento per le donne.
Tra le professioni più frequenti spiccano quelle tecniche (20 per cento), artigiani, operai specializzati e agricoltori (20 per cento), gli impiegati (14 per cento), le professioni qualificate nel commercio e servizi (13 per cento); i dirigenti e imprenditori sono il 3,4 per cento mentre le professioni non qualificate sono al 6,6 per cento.