Se il bambino è disattento, se non sta mai fermo un minuto, se non si rende conto che può farsi male giocando, o fare male agli altri, e spesso si fa
male, forse è un pò in ritardo nello sviluppo – e crescendo si autoregolerà – o forse soffre di ‘Adhd‘, una patologica carenza
di attenzione spesso associata a una continua impulsività/iperattività.


Il richiamo ad una maggiore attenzione da parte dei genitori viene dai medici psichiatri alla vigilia del 14/o congresso della Società italiana di neuropsicofarmacologia, in programma
a Bologna dall’1 al 4 giugno.

L’impiego sistematico della risonanza magnetica strutturale ha evidenziato in bambini e adolescenti tra i 5 e i 18 anni di età con diagnosi di Adhd una diminuzione di volume della corteccia celebrale e di alcuni nuclei della base del cervello.
Andando più in profondità con tecniche di risonanza magnetica funzionale e con test neuropsicologici, si è visto che specifiche regioni cerebrali mostrano tempi di attivazione più lenti in soggetti Adhd: la prova che quel bambino ‘pestifero’ soffre di un disturbo complesso, che coinvolge aree e funzioni
cerebrali diverse. L’ ‘inattenzione’ (o la facile distraibilità) si manifesta soprattutto come scarsa cura per i dettagli e incapacità a portare a termine le azioni intraprese, compromettendo sia le
capacità di attenzione focale (prestare attenzione senza farsi distrarre da particolari irrilevanti), sia di attenzione sostenuta (mantenere l’attenzione attiva nel tempo: alcuni bambini iperattivi sembrano avere una riserva di attenzione di non più di 10 minuti) nelle attività scolastiche, nei compiti
a casa, nel gioco o in semplici attività quotidiane. Ogni stimolo esterno può essere fonte di distrazione: talvolta anche seguire un discorso rappresenta un impegno che supera le capacità di attenzione del soggetto; spesso le capacità di
auto-organizzazione sono carenti anche per attività non complesse. L’impulsività è l’incapacità di dare una risposta prolungata nel tempo a uno stimolo esterno o interno. Questi bambini rispondono senza riflettere, non riescono ad aspettare il proprio turno nelle attività quotidiane o nei giochi. Si lasciano coinvolgere in attività pericolose senza valutarne
adeguatamente le conseguenze. Sul piano cognitivo, l’impulsività si esprime nell’incapacità di bloccare risposte automatiche. L’impulsività sembra perdurare nel tempo più di altri sintomi e caratterizzare il funzionamento adolescenziale o
adulto dell’Adhd.

L’impulsività è generalmente associata ad iperattività. Questi bambini sono ‘come mossi da un motorino’, non riescono a star fermi, se seduti si muovono con le mani o i piedi; dopo un pò devono alzarsi e muoversi, senza una ragione e spesso in modo distruttivo. Il campanello d’allarme suona
quando il bambino, a causa di queste caratteristiche, mostra una scarsa resa scolastica, non afferra le regole base della convivenza sociale, si stanca subito di ciò che sta facendo e non riesce a portare a termine nulla, anche perché si annoia e
non sa aspettare. Per fare diagnosi di Adhd, secondo il protocollo più diffuso, occorre tra l’altro che i sintomi esordiscano prima dei 7 anni d’età, in età prescolare, durino da più di sei mesi, siano evidenti in almeno due diversi contesti della vita del bambino (casa, scuola, ambienti di
gioco) e, soprattutto, causino una significativa compromissione del funzionamento globale. L’Adhd è diagnosticato oggi in Italia con una frequenza di un bambino ogni 25, in pratica uno
per classe.

Circa la metà di questi bimbi si porta dietro anche nell’adolescenza e nell’età adulta sintomi di iperattività e di inattenzione, con difficoltà nel lavoro e sociali. Un 15-20% dei soggetti da adulti mantengono quelle difficoltà e tendono a sviluppare altri disturbi psicopatologici, come alcolismo, tossicodipendenza e disturbi della personalità in chiave antisociale. Studi recenti a livello mondiale hanno evidenziato che soggetti che soffrono di Adhd più frequentemente di altri
non completano l’obbligo scolastico (32-40%), raramente arrivano all’Università (5-10%), hanno pochi amici, sono frequentemente coinvolti in attività antisociali, presentano con maggiore
frequenza gravidanze prima dei 20 anni, malattie sessualmente trasmesse (16%); provocano incidenti stradali dovuti a velocità eccessiva e da adulti sono esposti a depressione (20-30%) e a
disturbi della personalità (18-25%).

Che fare? Gli psicostimolanti sono considerati dalla Società italiana di neuropsicofarmacologia il supporto terapeutico più efficace. E’ un dato, spiegano, che il trattamento farmacoterapico in età scolare allontana il rischio di droghe in adolescenza, che invece resta alto in soggetti Adhd non adeguatamente curati. Gli effetti collaterali degli psicofarmaci sono considerati modesti e facilmente risolvibili. C’é stato forse un certo ritardo italiano nell’affrontare questa patologia
per trattarla adeguatamente. Ciò è dovuto forse a una persistente sottovalutazione dei sintomi da parte delle famiglie, non sufficientemente motivate a rivolgersi al medico, forse anche a insufficiente informazione, probabilmente anche ai tardivi riflessi di una sorta di antica ‘questione morale’ che
rappresentava incompatibili il bambino e gli psicofarmaci e che non sono del tutto accantonati. I medici psichiatri avvertono che l’Adhd si cura e nella maggior parte dei casi si risolve, purché si metta in sintonia un’intesa durevole tra famiglia,
scuola e medico.

(Fonte:ANSA)