In Italia un giovane su quattro, tra i 25 e i 34 anni, ha un lavoro e, pur avendo un reddito proprio, sceglie di vivere in famiglia. E’ quanto sottolinea una ricerca dell’Iref, fatta in collaborazione con le Acli, sulla “sfida del legame sociale nella società globale”.


Secondo la ricerca, il 43,7% dei giovani vive con almeno un genitore. Di questi, il 47,5% ha un impiego. Si può quindi parlare di effetto “Tanguy” all’italiana, dal titolo del celebre film francese di Chatiliez che affronta in modo ironico questo tipo di problema: ma, secondo la ricerca, fino ad un certo punto dipende da fattori culturali.

Perchè i giovani scelgono di restare in famiglia pur lavorando?
Innanzitutto per “la difficoltà a raggiungere una condizione occupazionale stabile”, spiega la ricerca. Vale a dire, che la flessibilità del mercato del lavoro impone ai giovani “una strategia di sopravvivenza, tutt’incentrata su un quotidiano precario; i progetti di lungo periodo vengono rimandati a data da destinarsi”.
Essere indipendenti costa quindi troppo, e non soltanto economicamente, ma proprio per la “paura di non ricevere in futuro una pensione o di restare disoccupati”.

Analizzando come cambia la famiglia italiana, la ricerca evidenzia anche come il mercato del lavoro si stia tingendo sempre più di ‘rosa’ anche se la presenza femminile in politica è notevolmente calata negli ultimi 10 anni. Ad esempio, la quota di donne occupate è cresciuta di sette punti percentuali dal ’93, il numero delle imprenditrici si è quasi triplicato, quello delle libere professioniste più che raddoppiato.
Ma, a mano a mano che il tempo passa, l’indice di vecchiaia sorpassa quello di natalità: se gli ultrasettantacinquenni erano il 7,8% della popolazione nel 2000, nel 2050 oltrepasseranno il 21%. Questo significa che il rapporto tra vecchie e nuove generazioni sarà sempre più sbilanciato e nel 2010, e cioè tra appena 6 anni, per ogni 14 ultrasessantacinquenni ci saranno 10 ragazzi ‘under’ 14.