L’11 novembre, giorno di San Martino, un tempo rappresentava per i contadini la scadenza del rapporto di lavoro, un consuntivo sull’ultima annata agricola e l’eventuale rinnovo del contratto d’affitto. Era infatti in questa occasione che si organizzavano anche i traslochi, da qui la definizione del ‘fare San Martino’.

In aulcuni paesi, invece, San Martino, viene considerato il protettore dei ‘delusi in amore’.
Cornuti d’Italia, unitevi e festeggiate‘, a questo grido l’11 novembre gli abitanti di Ruviano, paesino dell’Abruzzo, sono soliti celebrare con una sorta di ‘cornuto-pride’. Il clou della folcloristica festa locale è una processione preceduta da un eloquente stendardo raffigurante un cervo che si conclude con il rogo di un fantoccio, anch’esso dotato di corna d’ordinanza.

In origine la manifestazione si consumava in un banchetto organizzato da un gruppo di goliardi che, tra un bicchiere di vino e un piatto di pasta, si premurava di prendere in giro i passanti con sfottò incentrati su un unico tema: il tradimento.

Con il passare del tempo e con la defezione dei conviviali, l’usanza cessò per essere poi ripresa e sostituita agli inizi degli anni settanta. La processione veniva animata dalla presenza del cornuto per eccellenza (il suo motto nel dialetto locale era “tu puoi esse’ ‘u cchù curnuto du’ munno ma nun sarrai mai curnuto comm’a mme!”) e da altri personaggi tipici: il suonatore che allietava la processione e il finto monaco benedicente le case del paese e i non partecipanti alla processione che cominciavano ad affollarsi ai margini delle strade per ammirare il singolare corteo.

La manifestazione ebbe una regressione dal 1979 al 1983, prima della nascita nel 1985 dell’A.C.R., l’associazione cornuti ruvianesi, che incaricandosi di organizzare la manifestazione dall’anno seguente si dotò di uno stendardo in cui è rappresentato un cervo con due poderose corna. Buon ultimo nel 1996 venne introdotto un totem, un fantoccio con due lunghe corna che al termine della processione viene incendiato.