Più viaggi e divertimenti ma anche più spese per la salute. Complice la globalizzazione e l’invecchiamento della popolazione, gli italiani si presentano sempre più come un popolo con la valigia in mano, ma anche attento a controlli medici e check-up, e per i quali la spesa alimentare non è più la voce principale del bilancio familiare.


L’Istat riprende l’andamento dei consumi delle famiglie dagli anni ’70 ad oggi e dalla fotografia emergono dati significativi sul modo in cui gli italiani hanno cambiato la loro spesa e lo stile di vita.

La variazione più vistosa è proprio quella delle spese per alimentari e tabacco. A causa della forte riduzione dei fumatori e di una diversa cultura alimentare c’è stato negli anni un calo costante della spesa per questo tipo di consumi.

Se le famiglie italiane del 1970 destinavano il 31% delle loro spese a cibo e sigarette, nel 2003 riservavano a questo tipo di beni solo il 17,5% del totale di spesa. Altro incremento evidente è quello delle spese per viaggi e comunicazioni. Con la mutata situazione internazionale (negli anni ’70 metà Europa era oltre la cortina di ferro) e un mondo reso più piccolo dal grande sviluppo del trasporto aereo, la quota di risorse destinata alla voce trasporti è cresciuta: fatta 100 la spesa per famiglia c’è stato un aumento di 4,5 punti percentuali (12,1% nel 1970 contro 16,6% del 2003). L’aumento si riferisce anche alle comunicazioni, che proprio negli ultimi anni hanno registrato il boom della telefonia mobile, portando a 58 milioni di Sim sul territorio italiano.

Forte crescita anche per la voce ‘Ricreazione cultura e istruzione’ che nel 2003 ha raggiunto il 9% dei consumi finali delle famiglie contro il 7,2 del 1970. Più teatro, cinema, mostre, esposizioni e in generale un’offerta maggiore di svaghi e occasioni di conoscenza. Tutt’altra realtà a metà degli anni ’70 quando fra terrorismo e shock petrolifero c’è stata la maggiore crisi del settore: nel 1975 svaghi e divertimenti incidevano sul portafoglio dell’italiano medio con un esiguo 6,7%, che diventa 7,5% nel 1980. Ma l’aumento si registra anche nel settore dei servizi sanitari, probabilmente a causa dell’invecchiamento della popolazione, maggiormente bisognosa di cure e di assistenza medica. Dall’1,1% del 1970 c’è stata una crescita costante fino ad arrivare al 3,1% del 2003.

Aumento nella norma invece quello degli indicatori macroeconomici di beni e servizi vari (dal 7% del 1970 al 7,9% del 2003) e quello del vestiario e delle calzature (dall’8,1% al 9%). Anche alberghi e ristoranti vedono, secondo l’Istat, un andamento costante nel corso dei circa trent’anni analizzati: dall’8,9% del 1970 si arriva ad un 9,2% del 2003.

In proporzione invece costa di più mantenere la propria abitazione, infatti acqua, elettricità, gas e altri combustibili sono diventati una voce piu’ importante nelle spese dell’italiano medio: dal 17,9% del 1970 si arriva al 18,2% del 2003, con un picco di crescita nel 1985 (19,5%).

(Fonte:Ansa)