Quattro prosciutti su cinque
venduti in Italia provengono da maiali stranieri, ma non si
vede. E’ questo uno dei problemi principali della suinicoltura
italiana che si trova a dover fronteggiare una concorrenza
estera con prezzi in calo in tutta Europa e che sta mettendo in
crisi il nostro sistema produttivo. E’ quando rileva la
Coldiretti dell’ Emilia Romagna in una nota.


Sui circa 50 milioni di pezzi di prosciutto venduti sul
mercato nazionale, ben 40 milioni sono il risultato della
lavorazione in Italia di cosce di maiale importate soprattutto
da Olanda, Danimarca, Francia, Spagna e Germania.
Unica garanzia
per il consumatore che intende comprare prosciutto derivato da
maiali italiani – commenta Coldiretti – è acquistare prosciutti
nazionali a Denominazione d’ origine protetta identificabili con
il marchio d’ origine comunitario (Dop) o da quello del
consorzio di tutela: i prosciutti di Parma, Modena, di San
Daniele, Berico-Euganeo, Toscano e Carpegna. I prosciutti
certificati rispondono a rigide regole produttive su
alimentazione e trattamento dei suini, e assicurano l’elevata
qualità dei prodotti derivati.
Per salvaguardare la qualità – sostiene Coldiretti Emilia-
Romagna – è necessario salvaguardare il reddito dei produttori
riequilibrando il prezzo alla produzione anche con accordi che
coinvolgano gli altri soggetti della filiera, a partire dai
macelli.
Infatti – ricorda l’organizzazione – i prezzi medi del
suino pesante dalla fine di novembre alla fine di gennaio sono
diminuiti del 23% passando da 1,32 a 1,01 euro al kg, una cifra
ben al di sotto del costo di produzione, che si aggira attorno a
1,25 euro al kg. E tutto questo senza che sia calato il prezzo
per il consumatore finale. Infine è necessario rendere omogenei
i sistemi di rilevamento dei prezzi nei tre mercati principali
di Modena, Milano e Mantova, in modo che ci siano più
linearità e trasparenza nel sistema di formazione dei
prezzi.